Luigi Augusto di Borbone, duca di Berry, salì al trono di Francia il 10 maggio 1775, all’età di vent’anni, dopo la morte del nonno Luigi XV. La sua incoronazione, l’11 di giugno, venne vista come un momento di rinnovamento per un regno che usciva da un periodo difficile. Il regno di Luigi XV si era infatti concluso con un bilancio negativo: una guerra costosa (la Guerra dei Sette Anni), debiti pubblici crescenti, scandali di corte e un generale declino del prestigio della monarchia.
Luigi XVI, timido, introverso e poco formato per il potere, si trovò a governare un paese vasto, popoloso, ma segnato da profonde contraddizioni sociali ed economiche. L’Ancien Régime si fondava su un sistema di privilegi per la nobiltà e il clero, mentre il Terzo Stato — che comprendeva borghesi, artigiani, contadini e operai — era schiacciato da tasse e balzelli, ma escluso dalla partecipazione politica.
L’incoronazione di Luigi XVI seguì i fasti della tradizione monarchica francese. Come da prassi, si svolse nella cattedrale di Reims, simbolo della legittimità dinastica dei re di Francia, dove San Remigio aveva battezzato Clodoveo, il primo re cristiano dei Franchi, nel V secolo. L’unzione con l’olio sacro del Santo Ampolla (la Sainte Ampoule), custodita a Reims, conferiva al sovrano un’aura quasi divina, investendolo del diritto di regnare per volontà di Dio.
Ma già nel 1775, questo rituale sembrava appartenere a un altro tempo. Mentre in Inghilterra si affermava una monarchia costituzionale e nelle colonie americane montava la ribellione contro il dominio britannico, la Francia celebrava ancora il re come figura sacra, investita di un potere assoluto. L’incoronazione, dunque, fu accolta con entusiasmo ma anche con una certa perplessità da parte di una borghesia sempre più colta e critica, influenzata dalle idee illuministe.
Il regno di Luigi XVI si aprì in un periodo di fermento ideologico e tensione sociale. La Francia era la culla dell’Illuminismo: Voltaire, Montesquieu, Rousseau e Diderot avevano contribuito a diffondere un pensiero critico verso la monarchia assoluta, chiedendo riforme politiche, giustizia sociale e libertà civili. La monarchia, però, faticava a recepire questi segnali. Il potere era ancora concentrato nelle mani del re e dei suoi ministri, e ogni tentativo di riforma si scontrava con la resistenza dei ceti privilegiati.
Uno dei problemi principali era quello finanziario: la Francia era sull’orlo della bancarotta. Il sistema fiscale era iniquo: la nobiltà e il clero erano in gran parte esentati dal pagamento delle imposte, mentre il peso fiscale gravava quasi interamente sul Terzo Stato. Luigi XVI cercò di risolvere la crisi affidandosi a riformatori come Turgot e Necker, i quali proposero tagli alle spese, riforme fiscali e una maggiore trasparenza dei conti pubblici. Ma ogni riforma veniva puntualmente bloccata dai Parlamenti — i tribunali aristocratici — o da una nobiltà ostile a qualsiasi limitazione dei propri privilegi. Nel frattempo, la partecipazione della Francia alla guerra d’indipendenza americana (1778-1783) aggravò ulteriormente il debito pubblico, sebbene avesse fornito al popolo francese un esempio concreto di rivoluzione riuscita contro una monarchia.
Luigi XVI non era privo di buone intenzioni. Era mosso da un sincero desiderio di migliorare le condizioni del suo popolo e, a tratti, mostrava aperture verso le idee riformatrici. Tuttavia, il suo carattere debole e indeciso lo rendeva incapace di affrontare con determinazione i grandi problemi del regno. Oscillava tra riformatori e conservatori, senza adottare una linea chiara. La sua riluttanza a imporsi sulla nobiltà e a rompere con le tradizioni dell’Ancien Régime si rivelò fatale. L’opinione pubblica cominciò a perdere fiducia nel re. A peggiorare la sua immagine contribuì anche la figura della regina, Maria Antonietta d’Asburgo-Lorena, figlia dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria. Simbolo dell’eccesso e del lusso di corte, Maria Antonietta divenne il bersaglio preferito dei pamphlet e delle caricature dell’epoca.
L’incoronazione dell’11 giugno 1775 apparve col tempo come il canto del cigno della monarchia assoluta. Nei tredici anni che seguirono, la Francia si avvitò in una crisi sempre più profonda. Le carestie, l’aumento del prezzo del pane, l’ingiustizia sociale, la paralisi delle istituzioni e l’influenza crescente degli ideali rivoluzionari portarono infine alla convocazione degli Stati Generali nel 1789, l’evento che segnò l’inizio della Rivoluzione francese. Luigi XVI, incapace di gestire il momento, perse progressivamente ogni potere. Dopo il tentativo fallito di fuga a Varennes (1791), fu visto sempre più come un traditore della nazione. Nel 1792 la monarchia fu abolita e la Repubblica proclamata. Il re fu processato, condannato per alto tradimento e ghigliottinato il 21 gennaio 1793.
L’incoronazione di Luigi XVI fu l’ultimo atto di una monarchia che non seppe rinnovarsi. Fu un momento di gloria effimera, un rituale che, pur ricco di significato, non corrispondeva più ai tempi nuovi che si annunciavano. Quel giovane re, salito al trono con la speranza di riportare prosperità e stabilità, finì per essere travolto da un cambiamento epocale che non seppe comprendere né governare. La Rivoluzione non fu un fulmine a ciel sereno: fu la risposta a disuguaglianza, immobilismo e sordità del potere. In questo senso, l’incoronazione di Luigi XVI non fu solo una cerimonia, ma un segnale storico — l’ultimo rintocco dell’orologio dell’Ancien Régime, prima che la tempesta rivoluzionaria cambiasse per sempre il volto della Francia e dell’Europa.