24 settembre 1929: il primo volo “alla cieca” di Jimmy Doolittle

Fonti: Waspmuseum.org, Pioneersofflight.si.edu

di Domenico Colella
Credits Photo Wikipedia

24 settembre 1929. Un giorno che segnò una svolta epocale nella storia del volo. In quella data, negli Stati Uniti, un giovane pilota militare di nome James “Jimmy” Doolittle realizzò il primo volo interamente condotto senza alcun riferimento visivo esterno, affidandosi unicamente agli strumenti di bordo. Una dimostrazione che avrebbe cambiato per sempre il modo di volare e la sicurezza dell’aviazione.

Negli anni Venti del Novecento, l’aviazione era ancora in gran parte una disciplina pionieristica. I velivoli volavano prevalentemente a vista (VFR – Visual Flight Rules), ossia con il pilota che si orientava guardando il terreno, l’orizzonte e i punti di riferimento. Era un’epoca in cui la tecnologia aeronautica stava crescendo rapidamente, ma in cui volare in condizioni di scarsa visibilità — nuvole basse, nebbia, tempeste — era considerato altamente rischioso, se non letale.

Non erano rari gli incidenti causati da disorientamento spaziale. Senza un orizzonte visibile, i piloti potevano perdere il senso dell’inclinazione o della direzione, finendo per precipitare o uscire di rotta. In questo contesto, l’idea di affidarsi solo agli strumenti sembrava, a molti, quasi fantascienza.

James Harold Doolittle non era un pilota qualunque. Nato nel 1896 in California, Doolittle era già noto per le sue capacità eccezionali e per il coraggio dimostrato durante la Prima guerra mondiale. Dopo il conflitto, intraprese studi avanzati in ingegneria aeronautica, ottenendo un dottorato al MIT. Era un uomo che combinava talento pratico e competenza tecnica, una rarità assoluta nell’epoca. Quando si presentò l’occasione di testare nuove tecnologie per il volo strumentale, Doolittle era l’uomo perfetto per la missione: un pilota con sangue freddo, capace di comprendere a fondo il funzionamento degli strumenti e di gestire i rischi di un esperimento che nessuno aveva mai tentato prima.

Il volo del 24 settembre 1929 fu reso possibile grazie alla collaborazione tra la U.S. Army Air Corps, la Guggenheim Fund for the Promotion of Aeronautics e diversi pionieri dell’elettronica. Il velivolo utilizzato era un Consolidated NY-2 Husky, un addestratore biplano modificato con una cabina completamente schermata in modo da impedire al pilota qualsiasi visuale esterna.

A bordo, Doolittle disponeva di tre strumenti chiave: un indicatore di orizzonte artificiale che permetteva di conoscere l’inclinazione dell’aereo rispetto alla linea dell’orizzonte, anche senza poterlo vedere: un indicatore di direzione giroscopico per mantenere la rotta e un radiofaro, una tecnologia allora in fase sperimentale, che consentiva di ricevere segnali da stazioni a terra per orientarsi nello spazio.

Per la prima volta, questi strumenti vennero utilizzati in combinazione, simulando una condizione di volo “alla cieca”. La prova si svolse presso il Mitchel Field, a Long Island, New York. Doolittle salì a bordo, chiudendo dietro di sé la cabina oscurata: da quel momento in poi, nessun contatto visivo con l’esterno. Assistenti e tecnici osservavano in silenzio, consapevoli di trovarsi davanti a un momento cruciale.

Il decollo avvenne alle 9:30 del mattino. Doolittle, seguendo unicamente le indicazioni degli strumenti, portò il biplano in quota, mantenne una rotta predefinita, eseguì virate controllate e infine impostò la discesa. Dopo pochi minuti, atterrò dolcemente esattamente sulla pista da cui era partito. Rotta la barriera della fantascienza.

L’esperimento era riuscito: era possibile volare, navigare e atterrare senza mai vedere il mondo esterno. Il risultato fu accolto con entusiasmo dagli ingegneri e dai tecnici, ma con cautela da parte di molti piloti veterani, ancora scettici sull’affidabilità degli strumenti. In realtà, l’impresa di Doolittle dimostrava non solo la fattibilità, ma anche la necessità di una nuova concezione del volo: il volo strumentale (IFR – Instrument Flight Rules). Gli esperti capirono che, grazie a questa tecnica, si potevano ridurre drasticamente gli incidenti dovuti al maltempo o al disorientamento. Da lì a pochi anni, il volo IFR divenne parte integrante dell’addestramento dei piloti militari e civili.

Jimmy Doolittle non si fermò certo a quell’impresa. Continuò una carriera straordinaria sia come pilota che come ufficiale. Durante la Seconda guerra mondiale guidò il famoso Raid di Doolittle su Tokyo nel 1942, un’operazione audace che contribuì a risollevare il morale statunitense dopo Pearl Harbor. Per le sue imprese ricevette la Medaglia d’Onore del Congresso e numerosi altri riconoscimenti. Ma, al di là della sua fama bellica, Doolittle rimase per sempre legato a quella mattina del 1929, quando dimostrò che l’uomo poteva “vedere” nel cielo anche senza occhi, grazie alla tecnologia.

Oggi, ogni pilota di linea e ogni comandante militare è addestrato a volare in condizioni IFR. Gli strumenti sono diventati digitali, i sistemi di navigazione satellitare hanno sostituito i radiobecchi, ma il principio è lo stesso: fidarsi della strumentazione più che dei sensi umani. Un principio che iniziò a prendere forma proprio quel 24 settembre. Molti storici dell’aviazione considerano quel volo “alla cieca” uno degli eventi più importanti di sempre, al pari del primo volo dei fratelli Wright. Non per la distanza percorsa o l’altitudine raggiunta, ma per il concetto rivoluzionario che introdusse.

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