“Aspettando Godot”: a Baiano il teatro parla la lingua di Samuel Beckett

Nunzia Pecorelli Nunzia Pecorelli28 Gennaio 20232 min

Una delle opere più acclamate presenti nel panorama teatrale novecentesco è “Aspettando Godot”, appartenente ad uno dei drammaturghi più importanti del ventesimo secolo, ovvero Samuel Beckett. Con grande attesa, l’opera verrà messa in scena presso il teatro Colosseo di Baiano (AV) nei giorni 3 e 4 Febbraio alle ore 20:30.

Questo esordio teatrale porrà le sue radici nel territorio grazie alla coproduzione di tre compagnie, in particolare la  “99 posti“, struttura teatrale nata a Mercogliano più di vent’anni fa. L’opera sarà messa in scena con esponenti di primo piano come Paolo Capozzo e Maurizio Picariello.

Sarò presente poi un’altra compagnia, ovvero il ClanH“, da sempre considerato un team teatrale storico della città di Avellino. Nato negli anni settanta del secolo scorso, si farà sentire all’interno dello spettacolo grazie alla figura di Salvatore Mazza.

Presenza importante, infine, è quella di “ProTeatro“, anch’essa con una lunga storia alle spalle. La compagnia fonda le sue radici nel territorio Baianese e conta su personaggi d’eccezione come Antonio Lippiello, Felice D’Anna, Alberto Tortora, Francesco Scotto, con la presenza anche di Fox Marsella.

In particolare, a farci comprendere tutti i dettagli di quella che sarà la futura messa in scena, e a farci appassionare a quest’opera, facendoci comprendere la funzionalità del teatro, è il regista Francesco Scotto: “Sono davvero emozionato nel dare vita a questa rappresentazione. Dopo ben settant’anni dalla sua prima esperienza iniziale in Francia, a Parigi. Spero che possa riemergere il senso profondo del concetto del teatro dell’assurdo. Punto cardine dell’autore, uno dei capisaldi, e appartenente alle molteplici tematiche che Beckett intende evidenziare è il senso della speranza. Termine ben presente nei protagonisti che vivono la propria vita nell’incessante attesa di qualcosa che sta per accadere, di un’eterna attesa. D’altronde, il titolo già permette di farci comprendere qualcosa. Nel testo, e dunque di conseguenza nella rappresentazione, l’uomo spera, ma non si sa mai effettivamente se questo sentimento possa considerarsi vano o meno. Il teatro sfugge da quelli che sono i condizionamenti della vita. Una delle battute più interessanti, che si riscontrano in questo ambito, riguarda l’abitudine intesa ed intravista come una bellissima gabbia. Che non ci permette di proseguire il nostro percorso e che egoisticamente ci protegge. Il teatro ci parla e noi non possiamo far altro che ascoltarlo”.

Bisognerebbe, pertanto, individuarlo come una vera e propria pillola di esistenza..

Nunzia Pecorelli

Nunzia Pecorelli

Nunzia Maria Pecorelli, classe 2001. Laureanda in Lettere Moderne presso l’Università degli Studi di Salerno. Precedentemente collaboratrice di altre testate web. Specializzata in critica cinematografica. Amante della cultura, della letteratura con la passione per serie tv e film.

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