Ecco 4 film in bianco e nero girati nell’epoca del colore

Felice Sangermano Felice Sangermano30 Maggio 20205 min

L’avvento del colore nel Cinema ha origini molto più antiche di quello che si può pensare, ma è a partire dagli anni Settanta in poi che il colore assurge a vero e proprio standard. Eppure, ancora oggi, diversi film vengono girati in bianco e nero. Si tratta di una scelta stilistica precisa, ragionata, votata al raggiungimento di determinati effetti. Chi decide di rinunciare alle potenzialità cromatiche offerte dall’era digitale non lo fa per caso. C’è tutta una poetica alle spalle del black and white, per dirla con gli americani (ma, a proposito, la dicitura corretta sarebbe “scala di grigi”), e molti dei più grandi registi moderni hanno virato occasionalmente sul bianco e nero. Per cui chi pensa che un film non a colori sia “vecchio” o “superato”; be’, dovrebbe cospargersi il capo di cenere e fare ammenda. E magari cominciare a recuperare qualche capolavoro del cinema in bianco e nero girato nell’epoca del colore. Potete cominciare da queste quattro pellicole:

1 – MANHATTAN (1979)

Chi conosce Woody Allen conosce Manhattan, indubbiamente una delle sue opere più famose e rappresentative. L’intento dichiarato di Allen era quello di girare una pellicola che avesse New York come protagonista di sfondo in tutto il suo splendore oscuro e decadente. Il perché del black and e white ce lo spiega lo stesso regista: «Forse è una reminiscenza di vecchie fotografie, film, libri e tutto quel genere di cose. Ma è così che mi ricordo New York». Lo splendido bianco e nero di Gordon Willis realizza la visione alleniana ponendo la Grande Mela fuori dal tempo. Una scelta stilistica che non sarà insolita per Allen (Stardust Memories, Zelig, Broadway Danny Rose, Ombre e nebbia). Ma Manhattan non è solo una smisurata dichiarazione d’amore del regista per la sua città, ma anche una riflessione sui sentimenti e sul senso della vita (“Va bene, dunque, perché vale la pena di vivere? Ecco un’ottima domanda. Uhm…”), una rielaborazione dei miti dell’esilarante Woody (a partire da Groucho Marx, passando per Chaplin e Fellini, e fino a Bergman) e una clamorosa smentita alle critiche di chi accusava Woody Allen di essere uno sceneggiatore più che un regista. Correte a vederlo (o a rivederlo). Le musiche di George Gershwin vi culleranno attraverso uno dei più alti risultati del cinema alleniano.

2 – TORO SCATENATO (1980)

Ispirato dall’autobiografia del pugile Jake LaMotta, Ranging Bull è uno dei film migliori di Martin Scorsese, nome che può vantare ben più di un capolavoro. Robert De Niro, attore feticcio del regista, mette in scena l’ascesa e la caduta del peso medio italo-americano LaMotta, regalando una delle interpretazioni più intense della storia del Cinema. Colonna sonora tratta dalle opere di Mascagni, a partire dalla meravigliosa sequenza iniziale sul ring dove, sulle note della Cavalleria rusticana, si annuncia che il protagonista non combatte solo gli avversari, ma anche sé stesso e l’ambiente che lo circonda. Crudo, violento, toccante. Semplicemente imperdibile.

3 – THE ELEPHANT MAN (1980)

Classico di David Lynch del 1980 che narra le vicende di Joseph Merrick (interpretato da John Hurt), conosciuto come l’Uomo elefante per via delle gravissime deformazioni che ne deturpavano gran parte del corpo (il capo in particolare) condannandolo a un’esistenza di dolore e emarginazione, riscattata poco prima di morire grazie alle cure del buon dottor Frederick Treves (Anthony Hopkins). Uno dei film più “normali” del geniale e stravagante regista statunitense, che qui riduce al minimo le caratteristiche sequenze oniriche e surreali, lasciando spazio al toccante racconto della vita dell’uomo al di là del mostro. Parabola sui pregiudizi e la superficialità della gente e della società in generale che ebbe grande impatto e fu riproposta come opera teatrale a Broadway con David Bowie nel ruolo di Joseph Merrick.

4 – SCHINDLER’S LIST (1993)

 

Nel 1993 Steven Spielberg dirige questo classico sul tema della Shoah, anch’esso ispirato a un romanzo, La lista di Schindler di Thomas Keneally. Risultato: sette Oscar su dodici nomination, che consacrarono definitivamente Spielberg nell’olimpo di Hollywood. La scelta “uncolored” è ben significativa e funzionale allo stile documentaristico e all’impronta senza tempo volute per l’opera da Spielberg e dai suoi collaboratori. Quando Tom Pollock, dirigente della Universal, chiese a Spielberg di girare la pellicola a colori, il regista rifiutò categoricamente, sostenendo che la pellicola avrebbe avuto un minore impatto emotivo. Solo pochissime scene risultano “contaminate” dal colore. Vero e proprio cult l’inserto della bambina col cappottino rosso che si staglia sul magnifico bianco e nero, squarciando la pellicola e in definitiva i cuori degli spettatori.

Felice Sangermano

Felice Sangermano

Classe 1986, appassionato di cinema e letteratura. Freelance blogger e scrittore. Autore preferito: Louis-Ferdinand Cèline. "Sono un po' più allegro di lui però" dice lui.

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