“Non sono un assassino”: amicizia, menzogne e dannazione in un noir all’italiana

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari28 Novembre 20214 min

Non sono un assassino è un film di genere thriller-noir del 2019 diretto da Andrea Zaccariello. Trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo best-seller di Francesco Caringella, la pellicola ha per interpreti principali Riccardo Scamarcio (Francesco Prencipe), Alessio Boni (Giovanni Mastropaolo), Edoardo Pesce (Giorgio), Claudia Gerini (pm Paola Maralfa), Sarah Felberbaum (Beatrice), Barbara Ronchi (Vittoria), Caterina Shulha (Katherine) e Silvia D’amico (Alice). Il film vanta fra i riconoscimenti una candidatura “miglior attore non protagonista” (Edoardo Pesce) ai Nastri d’Argento 2019.

TRAMA Bari, 27 ottobre 2018. Il vice questore Francesco Prencipe esce di casa per raggiungere il suo migliore amico, il giudice Giovanni Mastropaolo, che non vede da quasi due anni. Due ore di macchina per un colloquio di poche parole: una domanda, una risposta. Quella stessa mattina il giudice viene trovato morto, freddato da un colpo di pistola alla testa. Prencipe è l’ultimo ad averlo visto vivo, solo sue sono le impronte rinvenute nella casa del magistrato e solo suo è il tempo per uccidere. Nessun dubbio sulla colpevolezza del poliziotto per l’accusa rappresentata dal pubblico ministero Paola Maralfa. Prencipe si dichiara innocente e affida la sua difesa a Giorgio, avvocato di ricca famiglia e altro amico fraterno di Prencipe e Mastropaolo, che ha smesso di esercitare perché piombato nell’alcolismo in seguito ad una delusione d’amore. Mentre cerca in tutti i modi di fare luce sull’omicidio del suo amico e provare la sua innocenza, Prencipe cerca allo stesso tempo di ricucire il rapporto con la figlia che non lo ha mai perdonato di aver lasciato lei e la madre per un’altra.

“L’amicizia non esiste, ognuno di noi ha bisogno di qualcosa, e quando qualcuno te la dà è tuo amico.”

ANALISI Il lato oscuro di tre anime dannate viene delineato da un’azione che procede veloce alternando passato e presente attraverso i flashback. Da un lato c’è una macchina della giustizia che sembra voler incastrare ad ogni costo una mela marcia scoperta al suo interno basandosi su indizi e non prove schiaccianti. E quando la condanna del poliziotto, colpevole forse di una condotta non pulita ma non del reato attribuitogli, sembra inevitabile, allora sopraggiunge un colpo di scena che cambia le carte in tavola e può restituire riscatto allo sfigato del trio di amici. Ma il vero colpo di scena si presenta nel finale che come un pugno nell’occhio restituisce un’amara constatazione mitigata appena dalla speranza di redenzione per almeno uno degli amici segnati da una vita dannata.

Francesco Caringella

PERCHÉ HAI CEDUTO AL DIAVOLO? Il male è l’elemento dominante che viene presentato attraverso immagini cupe e flashback. Da un lato c’è chi sconta il prezzo di una vita dispendiosa sorretta da menzogne e inganni e si ritrova solo ad affrontare un dramma che può definitivamente distruggerlo (Scamarcio). C’è poi chi coltiva grandi sogni e ideali che si scontrano con la dura realtà, cade vittima delle sue illusioni e solo alla fine sembra trovare una speranza di riscatto (Pesce). Infine, c’è l’unica e vera vittima di una condotta impeccabile che nell’ultimo gesto di giustizia viene stroncato dal peggiore dei tradimenti (Bono).

C’è chi vede nel suo punto di forza il maggior punto debole di questo film, ovvero un uso eccessivo del flashback che non sfrutta a dovere interpreti apprezzabili e sembra cercare nei colpi di scena di tappare i buchi di una sceneggiatura fiacca. Gli amanti del noir che ha per oggetto animi dannati da scelte sbagliate potranno essere soddisfatti nel ricordare una lezione che comunque va ripetuta sempre: più cerchi di possedere meno ti ritrovi ad avere, e la vera amicizia non chiede niente in cambio.

CUPO E SOPRENDENTE.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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