GREEN BOOK: il talento non basta, ci vuole il coraggio per cambiare il cuore delle persone

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari23 Febbraio 20196 min

Da due individui tanto distanti può scaturire un’inaspettata amicizia che non solo favorisce la crescita dell’anima di entrambi, ma può anche dare un significativo contributo a migliorare un’umanità che appare sempre più degradata e degradante.

Green book è un film del 2018 diretto da Peter Farrelly che ha per protagonisti Viggo Mortensen e Mahershala Ali. Il film racconta l’amicizia tra un buttafuori italoamericano (Mortensen) e un pianista afroamericano (Ali) nell’America degli anni ’60 ed è ispirato alla storia vera di Tony Lip, pseudonimo di Frank Anthony Vallelonga, padre di uno degli sceneggiatori del film, Nick Vallelonga.

LA TRAMA. Nel 1962, dopo la chiusura del Capocabana, uno dei migliori club di New York in cui lavorava, il buttafuori Tony Vallelonga, detto Tony Lip per la sua capacità oratoria, deve a tutti i costi trovare un lavoro per mantenere la sua famiglia. Accetta di lavorare per il pianista afroamericano Don Shirley e decide di seguirlo in tour nel Sud degli Stati Uniti dove il pianista, nonostante sia accolto trionfalmente durante i suoi concerti, subisce vessazioni e violenze a causa dei forti pregiudizi contro i neri ancora vigenti nella zona, tanto che si deve affidare ad una guida stradale (il Green Book che dà il titolo al film) in cui sono indicati alberghi e ristoranti dove si accettano i neri. Nonostante le differenze e gli iniziali contrasti, tra Don e Tony si instaura una forte amicizia che (lo si vede nei titoli di coda) continuerà fino alla morte di entrambi in età avanzata.

Un tipico bullo bianco capace di sopravvivere con i pugni e una certa furbizia nella parlata ma che in fondo ha un cuore da padre di famiglia che si è dovuto adattare alla dura vita della strada, si trova suo malgrado a fare da scorta ad un pianista talentuoso, raffinato, colto quanto snob. La rozza schiettezza di carattere di Tony è irresistibile (memorabile la scena in cui ‘costringe’ Don a mangiare del pollo fritto durante il viaggio), mentre l’apparente superbia di Don risulta solo una maschera per nascondere un animo che con sacrificio si adatta, almeno esteriormente, ad una vita di spettacolo per sopravvivere negli States, in particolare quando decide di visitare gli Stati del Sud negli anni che precedono di poco l’assassinio di Kennedy. Come spesso accade, nella finzione scenica e a volte anche nella realtà, dopo un iniziale conflitto il rapporto forzato finisce per giovare ad entrambi: la rozza spontaneità di Tony aiuta Don a riscoprire la dignità di uomo fino ad allora sacrificata ad una vita agiata ma vuota, la raffinatezza di Don aiuta Tony a rafforzare il rapporto con la moglie grazie al romanticismo nelle lettere che durante il viaggio scrive, sotto la correzione di Don, per tenere informata la moglie del suo nuovo lavoro. Nella tappa conclusiva del tour il pianista, davanti all’ennesima umiliazione razzista (gli impediscono di pranzare assieme agli ospiti) sceglie di difendere la propria dignità, così si rifiuta di suonare per quei ‘signori’ bianchi di una città dell’Alabama e se ne va, accompagnato dall’ormai amico Tony, in un locale di periferia dove si suona musica black per gente nera, si siede ad un pianino e dà il meglio di sé, prima di tornare a New York per festeggiare, finalmente felice, la vigilia di Natale assieme al suo amico e ai suoi familiari.

Il Negro-Motorist green book

Il Negro Motorist Green Book  era una guida annuale per viaggiatori afroamericani comunemente denominata Green Book. Venne ideata e pubblicata con cadenza annuale dall’impiegato delle poste newyorchese Victor Hugo Green dal 1936 al 1966, durante l’era delle leggi Jim Crow, quando era diffusa un’aperta discriminazione contro i non bianchi. Difficilmente i neri possedevano un’auto, a causa della discriminazione razziale e della povertà; gli esponenti dell’emergente classe media afro-americana che si dotarono di un’automobile non appena fu possibile affrontarono molti inconvenienti lungo i loro viaggi: dal rifiuto di servirli nei ristoranti o di fornire loro un alloggio, fino a violenza fisica o all’arresto arbitrario. In risposta a queste problematiche, Green scrisse una guida ai servizi e ai luoghi ospitali per gli afro-americani, a cominciare dall’area di New York fino ad arrivare a coprire gran parte del Nord America. Molti afroamericani hanno iniziato a guidare, in parte per evitare la segregazione sui mezzi pubblici, dove erano costretti in condizioni disagiate. I neri americani impiegati come atleti, intrattenitori e venditori viaggiavano spesso anche per motivi di lavoro. Green ideò e pubblicò il Green Book “per dare al viaggiatore nero informazioni che gli impediscano di incorrere in difficoltà, imbarazzi e rendere il suo viaggio più piacevole“. Oltre a informazioni essenziali su alloggi, stazioni di servizio e garage, la guida forniva dettagli sulle strutture per il tempo libero aperte agli afroamericani, tra cui saloni di bellezza, ristoranti, discoteche e country club. Gli elenchi erano divisi in quattro categorie principali: hotel, motel, case turistiche (residenze private, di solito di proprietà di afro-americani, che fornivano alloggio ai viaggiatori) e ristoranti. Green ha poi continuato ad ampliare la sua guida, arrivando a coprire la maggior parte degli Stati Uniti e parti del Canada, del Messico e delle Bermuda. Il Green Book divenne “la Bibbia del viaggio nero” durante le leggi Jim Crow e permise ai viaggiatori neri di trovare alloggi, attività commerciali e stazioni di servizio che li avrebbero serviti lungo la strada. Poco dopo che venisse promulgato il Civil Rights Act del 1964, la pubblicazione del Green Book cessò.

Fra commedia e dramma viene trattato un tema difficile, il razzismo contro gli afroamericani, e si insegna come superare questa disumana caratteristica dell’uomo attraverso un’irresistibile storia on-the-road su un rapporto forzato fra due mondi solo in apparenza diversi, ma che alla fine dimostrano di potersi integrare per dare vita ad un mondo migliore. Lo stesso mondo prospettato nel sogno di un altro celebre martire, Martin Luther King.

Nel presente attuale, dove la piaga del razzismo sembra assumere sempre più vigore, è una consolazione poter scoprire storie vere (in questo caso non è solo finzione in celluloide), che insegnano quanto patetico sia considerare inferiore il proprio simile solo basandosi sul colore della pelle, e sull’ignoranza che nutre la paura.

Film da vedere, vincitore di 3 premi agli Oscar 2019 (miglior film, miglior attore non protagonista a Mahershala Ali, Miglior sceneggiatura originale) e di 3 Golden Globe.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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