Il 25 giugno 1950 segna una data cruciale nella storia del secondo dopoguerra: l’inizio della guerra di Corea. All’alba di quel giorno, le truppe della Corea del Nord attraversarono il 38º parallelo, linea di demarcazione stabilita alla fine della Seconda guerra mondiale, e invasero il territorio della Corea del Sud.
L’attacco segnò l’esplosione di un conflitto che sarebbe durato tre anni e che avrebbe coinvolto le maggiori potenze del mondo, trasformandosi ben presto in uno scontro indiretto tra Stati Uniti e Unione Sovietica, cioè tra i due blocchi emersi dalla guerra mondiale: quello capitalista e quello comunista. La guerra di Corea fu il primo conflitto armato della guerra fredda, e le sue conseguenze continuano a farsi sentire ancora oggi nella divisione della penisola coreana.
Per comprendere le radici della guerra di Corea bisogna tornare alla fine della Seconda guerra mondiale. Fino al 1945, la Corea era stata una colonia dell’Impero giapponese. Alla sconfitta del Giappone, le truppe sovietiche occuparono la parte settentrionale della penisola, mentre quelle statunitensi presero il controllo del sud. Le due potenze si accordarono per dividere provvisoriamente il paese lungo il 38º parallelo, con l’obiettivo dichiarato di favorire una futura unificazione della Corea sotto un governo indipendente.
Tuttavia, con l’inizio della Guerra Fredda e l’inasprirsi delle tensioni tra Stati Uniti e URSS, l’unificazione della Corea divenne sempre più difficile. Nel 1948, nacquero due Stati distinti: a sud la Repubblica di Corea (Corea del Sud), con capitale Seul e guidata da Syngman Rhee, filoamericano; a nord la Repubblica Democratica Popolare di Corea (Corea del Nord), con capitale Pyongyang e governata da Kim Il-sung, sostenuto dai sovietici. La divisione della Corea era ormai diventata permanente, e la rivalità tra i due governi, entrambi convinti di avere la legittimità sull’intera penisola, creava una tensione sempre più palpabile.
Nelle prime ore del 25 giugno 1950, senza una formale dichiarazione di guerra, le truppe nordcoreane varcarono il 38º parallelo con l’obiettivo di conquistare l’intera penisola. L’offensiva era stata accuratamente pianificata da Kim Il-sung, che aveva ottenuto il consenso e il sostegno sia di Stalin che di Mao Zedong, leader della neonata Repubblica Popolare Cinese. Le forze armate nordcoreane, ben equipaggiate e addestrate, avanzarono rapidamente verso sud, travolgendo le difese sudcoreane. Nel giro di pochi giorni, i nordcoreani conquistarono Seul, causando panico e disorganizzazione tra le truppe sudcoreane e tra i civili. L’invasione rappresentava una chiara violazione della sovranità sudcoreana e, soprattutto, una sfida diretta al sistema internazionale post-bellico guidato dagli Stati Uniti. La comunità internazionale reagì prontamente.
Il presidente statunitense Harry S. Truman, deciso a contenere l’espansione del comunismo secondo la dottrina del “containment“, reagì con fermezza. Il 27 giugno, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite approvò una risoluzione che condannava l’aggressione nordcoreana e autorizzava l’uso della forza per respingere l’invasione. Va notato che l’Unione Sovietica, allora membro permanente del Consiglio, non partecipò alla votazione perché stava boicottando l’ONU in segno di protesta per il mancato riconoscimento del governo comunista cinese. Sotto l’egida delle Nazioni Unite, una forza multinazionale, composta in gran parte da truppe statunitensi, fu inviata in Corea per difendere il Sud. Il generale Douglas MacArthur, celebre comandante del teatro del Pacifico nella Seconda guerra mondiale, fu nominato comandante delle forze ONU.
La guerra di Corea attraversò diverse fasi drammatiche. In un primo momento, le forze sudcoreane e statunitensi si trovarono in difficoltà, ritirandosi fino al perimetro di Pusan, nell’estremo sud della penisola. Tuttavia, nel settembre 1950, MacArthur organizzò un’audace controffensiva con lo sbarco di Incheon, alle spalle delle linee nordcoreane. L’operazione fu un successo clamoroso: le truppe ONU riconquistarono Seul e avanzarono verso nord, superando il 38º parallelo con l’obiettivo di riunificare la Corea sotto il governo sudista.
Questa decisione, però, suscitò l’intervento della Cina. A partire da ottobre 1950, centinaia di migliaia di soldati cinesi attraversarono il fiume Yalu per sostenere la Corea del Nord. Le truppe ONU furono colte di sorpresa e costrette a ritirarsi. Nel gennaio 1951, Seul cadde nuovamente, ma fu poi riconquistata. I combattimenti si stabilizzarono lungo una linea di fronte che correva vicino al 38º parallelo.
Dal 1951 al 1953, la guerra assunse la forma di un conflitto statico, simile alla Prima guerra mondiale: trincee, bombardamenti, e pesanti perdite umane senza significativi avanzamenti territoriali. Le trattative di pace iniziarono già nel 1951, ma si protrassero a lungo a causa di divergenze su questioni come il rimpatrio dei prigionieri di guerra. Solo il 27 luglio 1953 fu firmato l’armistizio di Panmunjeom, che pose fine ai combattimenti ma non alla guerra in senso tecnico: infatti, tra le due Coree non è mai stato firmato un trattato di pace definitivo. La linea del fronte si stabilizzò vicino al 38º parallelo, dove ancora oggi si trova la zona demilitarizzata (DMZ), uno dei confini più militarizzati del mondo.
La guerra di Corea ebbe effetti profondi e duraturi. I costi umani furono enormi: si stima che morirono circa 3 milioni di persone, tra civili e militari, e milioni di coreani furono sfollati. La penisola rimase divisa e la separazione tra Corea del Nord e Corea del Sud è tuttora una delle più nette e intransigenti divisioni geopolitiche esistenti. Dal punto di vista internazionale, la guerra rafforzò il clima di tensione della Guerra Fredda e portò a un incremento degli armamenti da parte di entrambe le superpotenze. L’ONU dimostrò la sua capacità di agire militarmente, ma anche i limiti dovuti ai giochi di potere tra Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. La Corea del Sud, con l’aiuto occidentale, intraprese un lungo processo di modernizzazione e democratizzazione che la portò, negli anni successivi, a diventare una delle economie più dinamiche dell’Asia. La Corea del Nord, al contrario, si isolò sotto un rigido regime comunista, sviluppando nel tempo un programma nucleare che la rese (e rende oggi) un attore instabile nel contesto globale.