Se i gradini, il portale ed il fonte di una chiesa ci hanno introdotti in una vita interiore, perché si abbia sempre una maggiore conoscenza di sé, è necessaria la luce. Accanto al fonte si erge maestoso il cero pasquale, quello stesso cero che ha fecondato il fonte, utero della Chiesa, dando alla “luce” nuovi figli. Benedetto ed acceso nella notte di Pasqua, portato in processione, e gradualmente illuminando i fedeli, ora è posto solennemente accanto al fonte ponendoci diversi quesiti. Qual è il suo pieno significato? Da dove proviene la sua simbologia? E, soprattutto, cosa dice al nostro cammino interiore?
Andando alle prime pagine della Scrittura, nel libro della Genesi, notiamo come nell’atto creativo di Dio la prima cosa che compie è quello di dividere le tenebre dalla luce. Il cero pasquale è, ancor prima che la presenza luminosa di Cristo, l’atto creativo di Dio (Genesi 1,3). Il Signore viene a far luce nella tua vita, a permetterti di poter orientare il tuo cammino, a comprendere quali sono gli angoli bui o disordinati del tuo essere. Saper far spazio alla luce, che nel nostro caso può essere una chiara presa di coscienza di un bisogno di aiuto, è un’occasione indispensabile perché il proprio cuore sappia prendersi cura di sé.
Continuando il viaggio tra le pagine della Scrittura, quella stessa presenza luminosa, solo pochi capitoli più in là (cfr. Es 14,19-20), diventa una guida sicura per il popolo di Israele che, uscendo vittorioso d’avanti al Faraone d’Egitto, si incamminava verso la Terra promessa. La nube che Dio pone tra Israele ed il popolo egiziano, conduce i primi sicuri alla Terra promessa e, allo stesso tempo, oscura il cammino degli inseguitori. Il cammino illuminato dell’uomo non teme di incamminarsi verso il proprio futuro, verso l’obiettivo della propria felicità. L’uomo che non ha paura di lasciarsi illuminare, e che cammina nella luce, non solo conosce la vita ma impara a conoscere se stesso in una vita che gli si presenta sempre più chiara innanzi a lui.
Ulteriori riferimenti biblici riguardanti la luce non sono rari. Basti pensare, ad esempio al libro dei Salmi: “Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore?” (Sal 27,1), e ancora “Signore, tu dai luce alla mia lampada; il mio Dio rischiara le mie tenebre” (Sal 18,29).
Ritorniamo a focalizzare la nostra attenzione sul cero. Osservate bene la sua forma, la decorazione, la collocazione e, soprattutto la sua materia. In tutto il suo essere vi parla dell’interezza della vita, anzi, della storia. Innanzitutto la forma. La sua immagine slanciata è un richiamo ad alzare lo sguardo, a puntare in alto. L’uomo non è fatto per restare in basso. Se vuole una vita luminosa, e contemporaneamente illuminare gli altri, deve alza lo sguardo.
E quella simbologia che lo adorna? Una croce e dei numeri. Pochi ma fondamentali dati. La croce: non c’è vita senza una morte. Non c’è vita che non abbia un costo. Siamo nati da un dolore, quello della carne di nostra madre che sì è letteralmente lacerata. Quella del cordone che è stato tagliato. Una vita per essere alta deve morire a ciò che lo lega e non la lascia crescere.
Ed ancora, avete notato dov’è collocato? È lì, vicino al fonte battesimale. Si può nascere solo se ci si lascia fecondare, proprio come il cero ha fecondato il battistero. Ancora, il cero è vicino al fonte per ricordarti ché non puoi bastare a te stesso. Avete bisogno dell’acqua e della luce; dell’umanità e della grazia; di voi e dell’altro.
Per ultimo, e non meno importante, avete notato di cosa è fatto? Di cera d’api! Le api ci richiamano che solo un costante lavorio, ed un lavoro sinergico può costruire grandi cose. Tutte le forze, tutte le componenti di cui disponi devono collaborare ad ergerti in alto. Ma attenzione, non conservarti. Il cero nasce per essere acceso e consumarsi. Non restate nella nicchia delle vostre sicurezze, lasciate che il vostro essere bruci. Solo così avrete realizzata la tua autentica vocazione e sarete luce per gli altri. Uscite dal buio delle vostre incertezze, vivete, siate luminosi!