“Il mestiere dello scrittore” di John Gardner dovrebbe essere un classico da far leggere a chiunque. Scrittori esperti o alle prime armi, semplici lettori. Si tratta di un testo che ha avuto un grande successo nel 1983 (il titolo originale in inglese è “On becoming a novelist”). Oggi, a distanza di quasi quarant’anni dalla pubblicazione del suo saggio, John Gardner è ancora, in piena epoca digitale, uno dei più grandi maestri di scrittura per gli aspiranti scrittori del presente e del prossimo futuro.
L’AUTORE John Gardner fu un prolifico scrittore, tra le sue numerosissime opere si ricordano: “Grendel” (1971), “The Sunglight Dialogues” (1972) e “October Light” (1976). “The Art of Fiction” e “Becoming a novelist” sono frutti dei tanti anni passati nel dedicarsi all’insegnamento e alla riflessione sulla pratica della narrazione. La traduzione italiana dal titolo originale in inglese è, appunto, “Il mestiere dello scrittore”. L’opera, uscita dopo la morte dello scrittore avvenuta nel 1982, è significativa già dall’introduzione di Raymond Carver, suo discepolo, che nell’introduzione ricorda i tempi del corso di Creative Writing 101 tenuto proprio dal professor Gardner.
LA PREFAZIONE DI CARVER Racconta, in particolare, di un giovane Carver impartiva agli allievi un dogma fondamentale: uno scrittore capiva ciò che voleva dire mano a mano che capiva ciò che aveva detto. E il capire, o meglio ancora il capire ciò che era stato detto, era il risultato della revisione. Credeva nello strumento della revisione, quella continua; tutto ciò era fondamentale per gli scrittori, in qualsiasi fase della loro evoluzione. Celebri le parole con cui Carver incorona il suo maestro, visibili anche sulla quarta di copertina dell’edizione italiana: “Ci sono dei poliziotti falliti, degli uomini politici falliti, dei generali falliti, arredatori, ingegneri, conducenti di autobus, editors, agenti letterari, uomini d’affari, impagliatori falliti. Ci sono anche degli insegnanti di creative writing falliti e disillusi, come ci sono scrittori falliti e disillusi. John Gardner non era né l’uno né l’altro, e le ragioni di ciò vanno trovate in questo splendido libro“.
LA FORMA DEL LIBRO L’opera è senz’altro un utilissimo vademecum ( ma non certamente l’unico manuale “biografico” in commercio) nel fornire consigli a scrittori o ad aspiranti tali di scrittura creativa e si presenta divisa in :
Prefazione
Capitolo I – Il carattere dello scrittore
Capitolo II – Il tirocinio e l’istruzione dello scrittore
Capitolo III – Pubblicazione e sopravvivenza
Capitolo IV – Fiducia (da dove trae fiducia lo scrittore?)
In particolare, negli ultimi due capitoli vengono snocciolate questioni assai importanti per una vita sostenibile per lo scrittore comune: i rapporti con gli editors e gli agenti letterari, le fonti di finanziamento e sostentamento ( donazioni, mansioni e lavori manuali e intellettuali complementari dello scrittore), come superare il fatidico blocco dello scrittore, da dove trae fiducia lo scrittore in generale. Il libro si conclude con delle frasi che soprattutto oggi, con gli innumerevoli ebook e aspiranti scrittori che si cimentano a scrivere, possono essere a maggior ragione ripetute: “Scrivere romanzi non è tanto una professione, quanto uno yoga, una via, un’alternativa alla normale vita nel mondo. I suoi vantaggi sono semi-religiosi, un mutamento della natura del cuore e del cervello, soddisfazioni che nessuno che non sia romanziere può comprendere, e i suoi rigori non portano che guadagni allo spirito. Per coloro che sono veramente votati alla professione, i guadagni spirituali sono sufficienti“.
Annibale Napolitano
Classe '90, dedito ai temi legati all'ambiente e alla società nel suo insieme. Ha fatto studi classici, è appassionato di narrativa e di cinema.