Stando a quanto riferito dall’Associazione Italiani Arbitri, l’anno scorso erano poco più di 2.000 le donne associate e distribuite nei vari ruoli. Un dato che rappresenta circa il 6% del totale degli associati, percentuale bassa, ma tuttora in crescita, con un forte incremento che riguarda soprattutto la presenza di ragazze negli Organi Tecnici Nazionali e in ambito internazionale. Nel 2023, infatti, le donne arbitro nelle Commissioni Nazionali (tra calcio, futsal e beach soccer) erano 39, alle quali si aggiungono 18 assistenti arbitrali e 11 osservatori. Il movimento arbitrale femminile italiano è stato rappresentato a livello internazionale da 5 arbitri e 5 assistenti nel calcio, 2 arbitri nel futsal ed 1 nel beach soccer.
Non sembrano esserci differenze salariali formative con i colleghi uomini; molte partite di Serie A e di Serie B sono state dirette da alcuni arbitri donne e si è anche vista la prima terna interamente femminile in Serie C, ma l’accesso e i posti sono ancora troppo pochi, così come le forti discriminazioni sessuali. Entrambe le cose hanno richiamato anche l’attenzione dell’UE. È da sempre che si afferma che il calcio non sia uno sport per femmine, che le donne non ne capiscano. Si tratta di un pensiero radicato, difficile da estirpare anche adesso. Tanti sono gli episodi che lo dimostrano, dalle non strette di mano agli arbitri donne, ai cori e alle battutine maschiliste o il non considerare professionale questo tipo di lavoro femminile. Ad inizio anno l’assistente di linea Guadalupe Porras Ayuso, infortunatasi durante la partita Bethis–Athletic dopo uno scontro con un cameraman che si era avvicinato troppo al campo, ha ricevuto commenti che non esprimevano rammarico o altro per la ragazza ricoperta di sangue per l’incidente, ma quasi tutti di altro genere. “Non basta togliere la patente alle donne, adesso pure a piedi fanno danni”, “Vai a cucinare ai bambini a casa. Non è lavoro per te”.
L’Unione Europea, da sempre promotrice della parità di genere, ha agito riconoscendo la centralità del ruolo dello sport nella promozione dei processi di inclusione sociale, dei principi di eguaglianza e di non discriminazione. L’indirizzo dell’Unione è verso l’incoraggiamento nel mondo sportivo verso valori come il fair play, il rispetto reciproco e la tolleranza. In particolare, in una risoluzione il Parlamento Europeo ha raccomandato agli Stati membri di punire con sanzioni e provvedimenti chiunque non rispetti questi principi. Lo sport dovrebbe essere sinonimo di condivisione, inclusione e rispetto per ogni essere umano.