“L’estate di Kikujiro”: Il lato gioioso di un’esistenza dolorosa

Felice Sangermano Felice Sangermano23 Maggio 20204 min

Takeshi Kitano, per gli amici Beat Takeshi, è uno dei più importanti registi orientali viventi, sebbene negli ultimi tempi sia stato ingiustamente snobbato dalla critica internazionale, come se fosse passato di moda o, peggio ancora, avesse perso lo smalto dei tempi migliori.

L’estate di Kikujiro (1999) è, però, un film dei suoi “anni migliori”, se così vogliamo definirli. Una pellicola abbastanza atipica nella cinematografia del regista (il cui nome fino a quel momento era legato soprattutto agli yakuza movies), tanto che da alcuni, e di nuovo a torto, viene considerato un’opera minore, a cavallo fra “veri e propri” capolavori come Hana-bi – Fiori di fuoco (1997) e Dolls (2002).

Se in effetti all’apparenza L’estate di Kikujiro può sembrare un semplice road movie leggero e scanzonato, in realtà esso cela una profondità autoriale e una complessità tematica non indifferente. Qualunque cosa faccia, lo stile di Kitano risulta sempre inconfondibile, a partire dall’eccentricità del personaggio da lui interpretato, questo Kikujiro (nome derivato dal padre del regista), uomo dai modi burberi i cui tatuaggi suggeriscono un passato malavitoso, il quale si offrirà non troppo spontaneamente di accompagnare il piccolo Masao alla ricerca di una madre tanto desiderata quanto assente. L’esito non sarà dei migliori e le speranze di Masao si scioglieranno fra le sue lacrime di bambino, ma durante il viaggio Kikujiro (anch’egli figlio di una madre assente) capirà di essere più vicino che mai alla solitudine esistenziale di Masao, e allora farà di tutto per consolare il bambino e regalargli un’estate indimenticabile. Ma anche il piccolo Masao, col suo candore e la sua gentilezza ingenua, rappresenterà un incontro decisivo per Kikujiro, che attraverso il bambino farà i conti con sé stesso.

L’attenzione ai sentimenti umani di Kitano è delicata e abissale. L’evoluzione del rapporto tra l’uomo e il bambino è a dir poco toccante. Masao e Kikujiro, all’apparenza così diversi, sono in realtà l’uno il riflesso dell’altro: entrambi segnati dall’assenza materna e quindi privi delle radici primarie, smarriti nel mondo, condannati a un’inevitabile solitudine esistenziale.

Ma dietro il lato grigio e doloroso della vita, se ne nasconde un altro colorato e gioioso. Ed è questo lato che Kikujiro si sforzerà in tutti i modi di mostrare al bambino, con l’aiuto dei personaggi grotteschi incontrati durante il viaggio attraverso il Giappone (il poeta in minivan, i due fidanzati senza meta, i buffi bikers dal cuore d’oro). Attraverso il gioco, tema sempre caro al regista, e alle sue mille incarnazioni, l’angoscia dell’abbandono viene superata. In un mondo senza madre, Masao scopre di poter ancora meravigliarsi e gioire.

Alla fine del viaggio la sostanza delle cose non è mutata, ma il tutto può essere visto con un uno sguardo nuovo, meno drammatico. Non è una felicità piena, ma aiuta. La sofferenza e il dolore non si affrontano incupendosi, ma sforzandosi di vedere il lato magico e incantato dell’esistenza. È il regalo del burbero Kikujiro, che sotto la scorza lascia intravedere un’inaspettata sensibilità. Alle lacrime si sostituiranno le risate. Ecco allora che nello splendido finale Masao può correre di nuovo sul ponte col suo zainetto azzurro con ali d’angelo, in una perfetta circolarità che chiude uno dei migliori film del decennio.

Favola triste e spensierata, multiforme come il genio di Kitano che, stavolta, coerentemente con l’atmosfera che permea la pellicola, decide di non mostrare mai apertamente allo spettatore i momenti più crudi. Il che non significa ignorarli: la violenza non viene eliminata del tutto, ma relegata al fuori campo, come a dire che il male è sempre lì, fa parte della vita, inevitabilmente, però certe volte si può, anzi si deve, volgere lo sguardo all’altra faccia del mondo.

Menzione obbligata per la colonna sonora di Joe Hisaishi, collaboratore abituale di Kitano (anche se noto ai più per le sue musiche miyazakiane). Le sue note “meravigliosamente emotive” più che accompagnare le immagini, le completano, caricandole di ulteriori significati ed evocando ammalianti atmosfere fatate. Dopo la visione vi ritroverete a sognare fischiettando il tema musicale Summer. Un film imperdibile. Se qualche critico non gli ha dato il giusto risalto, fregatevene. Non del film, del critico.

Felice Sangermano

Felice Sangermano

Classe 1986, appassionato di cinema e letteratura. Freelance blogger e scrittore. Autore preferito: Louis-Ferdinand Cèline. "Sono un po' più allegro di lui però" dice lui.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Related Posts

a2it.it

081News.it è una testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Nola al n.2/14.
Eventuali segnalazioni possono essere inviate a redazione@081news.it o sui social ai contatti con nome Zerottouno News.
La testata è edita e diretta da Aniello “Nello” Cassese, sede legale in Liveri (NA) – via Nazionale n.71, sede operativa in Nola (NA) – via Giordano Bruno n.40.