L’Italia aveva bisogno di un supereroe: Jeeg Robot

Felice Sangermano Felice Sangermano5 Dicembre 20185 min

“Io solo una cosa voglio sape’, solo una: ma tu chi cazzo sei?! Perché c’hai ‘sta forza?… T’ha mozzicato un ragno? Un pipistrello? Sei cascato da n’artro pianeta?” : era questa la domanda che affliggeva Lo Zingaro, il principale antagonista di Enzo Ceccotti/Jeeg Robot nel film del 2015.

Lo chiamavano Jeeg Robot è un film di genere supereroistico diretto da Gabriele Mainetti, qui al suo primo lungometraggio. Accolto positivamente da pubblico e critica, può essere considerato come la prima vera pellicola italiana di valore nel genere supereroistico. Ambientato nella periferia di Roma, a Tor Bella Monaca, narra la parabola di Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), un outsider, ladruncolo schivo e introverso (“Io nun sò amico de nessuno”; “a me ‘a gente me fa schifo”). Un giorno, fuggendo da due agenti in borghese, Enzo si getta nelle acque del Tevere ed entra in contatto con una sostanza radioattiva che chi gli fa acquistare una forza sovrumana. Forza che inizialmente egli decide di sfruttare per la sua carriera criminale (indimenticabile la scena del bancomat divelto a mani nude). Solo l’incontro (e l’amore) con Alessia (Ilenia Pastorelli), una stravagante  ragazza convinta che Enzo sia l’incarnazione del famoso cartone animato giapponese Jeeg Robot d’acciaio, lo metterà di fronte all’obbligo morale che i suoi poteri comportano (“Ma te sei ‘n supereroe, mica poi anna’ a rubbà! C’hai ‘n sacco de gente da salva’. È pe’ questo che c’hai i poteri”). Ci vorrà un po’ per metabolizzare il concetto, ma alla fine Enzo metterà i suoi poteri al servizio della gente.

Il film ruota attorno al classico conflitto interiore del supereroe riguardo all’utilizzo dei suoi poteri: utilizzarli in maniera egoistica o metterli al servizio della comunità? D’altra parte, la gente del mondo è stata sempre inclemente con Enzo Ceccotti, perché adesso lui dovrebbe mettere le sue super-capacità al loro servizio? La risposta arriva nella bellissima sequenza dell’incidente stradale in cui Enzo salva da morte certa una bambina rimasta incastrata tra le lamiere di un’auto in fiamme, raccogliendo la gratitudine della madre e l’ammirazione di tutti gli astanti. Solo allora, inondato dall’emozione, capirà appieno il significato delle parole di Alessia e si innescherà in lui un processo di profondo cambiamento. La celeberrima massima del compianto Stan Lee si staglia universale nel cielo dei supereroi: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”.

Non siamo di fronte al solito blockbuster senz’anima girato per mere questioni commerciali (la passione di Mainetti per la sua creatura traspare in ogni fotogramma), ma a un film profondo, commovente e ricco di contenuti. Un film che narra innanzitutto di una redenzione: quella di Enzo Ceccotti che, dall’individuo chiuso e misantropo che era all’inizio, si apre finalmente al mondo e alle persone, maturando (grazie soprattutto a Alessia) la consapevolezza morale di ciò che il suo potere comporta.

L’originalità di Mainetti sta nell’aver calato nel contesto italico un genere, quello supereroistico, tipicamente americano. Il risultato è una pellicola ibrida che, pur muovendosi nel solco della mitologia da superhero movie, appare come nuova. A partire dai personaggi, che non sono i classici eroi della Marvel o della DC, ma degli (anti)eroi sporchi, trucidi, “di borgata”, i quali vengono integrati abilmente nelle situazioni fumettistiche tipiche del genere. Il sapore pulp della pellicola è tastabile, con scene d’azione iperviolente degne di chi del Pulp è il maestro, quel Quentin Tarantino il cui nome speriamo non vi lasci indifferenti.

Nonostante il budget limitato, Lo chiamavano Jeeg Robot risulta credibilissimo nel suo genere (grazie anche a un uso sapiente del digitale a basso costo). La confezione non si discute: regia brillante e dinamica, creatività nel montaggio, fotografia ispirata e sceneggiatura encomiabile. Anche il casting è azzeccatissimo. Memorabili le interpretazioni degli attori, tra cui spicca il trio Santamaria-Marinelli-Pastorelli. Claudio Santamaria (che ha preso 20 chili per calarsi meglio nel ruolo di Enzo Ceccotti) regge la parte in maniera magistrale. Ilenia Pastorelli stupisce e commuove. Ma forse è Luca Marinelli, uno degli attori più apprezzati dell’attuale panorama italiano, a dar vita al personaggio più indimenticabile della pellicola, lo Zingaro, perfetto villain psicopatico, eccentrico e sopra le righe. Praticamente tutte le sue apparizioni rimangono impresse a fuoco nella memoria, come la scena in cui canta Un’emozione da poco di Anna Oxa o quella in cui compie la sua vendetta contro Nunzia sulle note di Ti stringerò di Nada.

Quindi, che cos’è in fondo un eroe? Ci pensa la voce narrante alla fine del film a rispondere: è un individuo dotato di un grande talento e straordinario coraggio, che sa scegliere il bene al posto del male, che sacrifica se stesso per salvare gli altri, ma soprattutto che agisce quando ha tutto da perdere e nulla da guadagnare”Lo chiamavano Jeeg Robot è un piccolo gioiellino che dimostra che i film di supereroi si possono girare anche in Italia. E, a volte, meglio che in America.

 

Felice Sangermano

04/12/2018

Felice Sangermano

Felice Sangermano

Classe 1986, appassionato di cinema e letteratura. Freelance blogger e scrittore. Autore preferito: Louis-Ferdinand Cèline. "Sono un po' più allegro di lui però" dice lui.

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