Grande folla al Duomo di Napoli e tanti gli artisti a dare l’ultimo saluto a Roberto De Simone. C’erano Marisa Laurito, Eugenio Bennato, Peppe Barra, Ida Di Benedetto, Enzo Abitabile e tanti altri. Per le istituzioni, presenti il sindaco di Napoli Manfredi, il presidente della Regione Campania De Luca e poi De Magistris, tanti amici e persone che hanno voluto rendergli omaggio.
A celebrare la funzione il Cardinale Battaglia, amico del De Simone che ha saputo usare le parole giuste durante la sua omelia per ricordare Roberto De Simone: “il grande genio della musica, genio di arte e uomo di fede”.
“Come possiamo raccogliere l’eredità del maestro? – è la domanda che ha posto il cardinale Mimmo Battaglia – Forse imparando a guardare il mondo con il suo stesso sguardo, uno sguardo lucido, capace di vedere la realtà nelle sue contraddizioni, senza mai disperare. Uno sguardo profondo, che affonda nelle radici senza rimanerne prigioniero. Uno sguardo ironico, che smaschera i falsi miti senza perdere il sorriso. Uno sguardo di fede, una fede semplice e forte, granitica e leggera al contempo, una fede che è stata la sua amica più fedele proprio nel tempo della sofferenza, riempiendo le sue giornate, abitando i suoi silenzi, facendo della sua solitudine un dialogo incessante con il Signore”.
E ancora: “Roberto ha cercato e ha creduto. Ha creduto nella bellezza, nella verità, nell’arte come soffio di eternità. E ha cercato di seminare bellezza e fiducia intorno a sé, la cui anima ha custodito nei suoi scritti, nelle sue opere, nel suo cuore, con una vigilanza e una fedeltà che dicono la cifra dell’amore che nutriva per la sua Napoli. Napoli infatti non è stata solo il luogo della sua nascita, ma il grembo culturale da cui ha attinto per parlare al mondo attraverso la sua arte. Come un archeologo dell’anima popolare, Roberto ha scavato nelle viscere della città, riportando alla luce suoni, canti, rituali dimenticati. Ha dato dignità e nuova vita alla tradizione orale, trasformando il folclore in un affresco teatrale prezioso e unico. Ha smontato e ricomposto la musica napoletana, l’ha studiata con rigore, l’ha contaminata con nuove forme espressive, l’ha elevata a patrimonio universale. Grazie a lui, la città ha riscoperto la sua anima sonora più autentica, quella che risuona nei vicoli, nelle feste popolari, nelle processioni, nei lamenti e nelle tammurriate. Con la musica, con il teatro, con la ricerca storica, ha tolto il velo all’ovvietà, ha smascherato le ipocrisie, ha dato voce a chi non ne aveva. Ha fatto pensare, ha reso vigili, ha svelato la realtà – conclude Battaglia – E oggi, nel salutare il nostro maestro Roberto, mi piace pensarlo proprio accanto a Maria, felice, risollevato da ogni dolore, in un dialogo senza parole fatto di musica e silenzi, lui che ha dato suono e voce alla bellezza della tradizione popolare, oggi entra nel mistero della bellezza infinita“.
Roberto De Simone negli ultimi anni è stato dimenticato dalle istituzioni e dalla sua stessa Napoli. Le istituzioni non l’hanno onorato in vita. Lui chiedeva un teatro nella città per fare scuola e musica. Sarebbe stato il lascito per il mondo. L’enorme patrimonio che De Simone stesso custodiva era il dono che voleva fare alla sua amata città. La città nelle sue declinazioni politiche non lo ha mai voluto. Non lo merita. Con un velo di tristezza De Simone diceva che ci sono più farisei che amici.
Di fronte a De Simone chiunque era provinciale. Non gli perdonavano la grandezza indiscussa che non poteva essere occultata. De Simone era arte e per lui il teatro era il teatro del gesto e non del testo come lo era invece per De Filippo. Per il Maestro quella tradizione è stata dimenticata, è stata appiattita dal fenomeno defilippiano che esalta i contenuti sociali e non l’espressività, l’oralità, la forza rappresentativa degli attori che sono gli autentici contenuti del teatro quel teatro vero che è gesto, parola e suono.
Ora l’arte di De Simone è esplosa e si è resa immortale come la sua anima.
Grazie Roberto.