“Piramide di Paura”: un’emozionante storia che omaggia un Classico del giallo

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari2 Agosto 20206 min
YOUNG SHERLOCK HOLMES, Nicholas Rowe, Alan Cox, 1985. (c)Paramount/ Courtesy: Everett Collection.

Piramide di Paura (Young Sherlock Holmes) è un film di genere avventura-giallo del 1985 diretto da Barry Levinson. La pellicola ha per interpreti principali Nicholas Rowe (Sherlock Holmes), Alan Cox (John Watson), Roger Ashton-Griffiths (Isp. Lestrade), Anthony Higgins (prof. Rathe / Ethar), Sophie Ward (Elizabeth Hardy), Freddie Jones (Sig. Cragwitch), Nigel Stock (Prof. Waxflatter), Susan Fleetwood (Sig.ra Dribb), Patrick Newell (Bentley Bobster), Donald Eccles (Rev. Duncan Nesbit), Brian Oulton (Preside Snelgrove) e Earl Rhodes (Dudley). Scritto da Chris Columbus e con Steven Spielberg fra i produttori, il film si ispira ai personaggi creati da Sir Arthur Conan Doyle (1859-1930) ed immagina un primo incontro dei due personaggi da adolescenti che si ritrovano a dover risolvere il mistero di una serie di omicidi. Fra i riconoscimenti il film vanta una nomination “migliori effetti speciali” agli Oscar 1986.

TRAMA Londra, età vittoriana. Sherlock Holmes è un giovane e brillante studente del Bromton College. John Watson è un paffuto e timoroso studente di medicina da poco arrivato nel medesimo istituto. Nonostante i caratteri opposti, i due divengono presto amici inseparabili ed ai due presto si aggiunge Elisabeth, giovane nipote di uno di un geniale quanto strampalato professore in pensione, innamorata ricambiata di Holmes. Ben presto i tre amici si trovano loro malgrado coinvolti in un misterioso caso di omicidi che dalla loro scuola li porta ad investigare nei sotterranei della capitale britannica. La polizia di Scotland Yard, capeggiata dall’integerrimo quanto superficiale ispettore Lestrade, sembra brancolare nel buio. Spinto sempre di più dalla sua passione investigativa e dalla sua vasta cultura e capacità di deduzione, Holmes riuscirà a scoprire, aiutato dai suoi amici, i veri responsabili delle misteriose morti: una setta criminale, il Rame Tep, che ha ricostruito un tempio egizio sotto il porto di Londra.

ANALISI L’azione scorre veloce interrotta mai bruscamente da quelle pause che bisogna concedere alle elucubrazioni e deduzioni di una mente geniale ed estroversa. Lo spettatore viene introdotto dalla voce narrante di uno dei protagonisti, quando ormai è adulto, attraverso il ricordo di una adolescenza inizialmente diretta ad una pacata realizzazione personale e professionale di tutto rispetto. L’inaspettato incontro con il futuro e geniale consulente investigativo rappresenta la molla che scuote la calma apparente dando il via ad un’intrigante climax di emozioni già preannunciata all’inizio del film. Alle incomparabili doti deduttive del personaggio omaggiato si aggiungono l’entusiasmo e le insicurezze tipiche della giovinezza che non possono ancora essere controllate appieno da un intelletto ancora in erba. L’uso sapiente di effetti artigianali (animatronics e stop motion) nelle uccisioni è degno delle avventure rese indimenticabili da Spielberg, riconoscibile anche quando non guida la cinepresa. Se l’ultima tragica perdita segna per uno il definitivo passaggio da un’adolescenza di insicurezze verso un’esistenza sostenuta dalle certezze dell’intelletto, l’amarezza di aver perso l’amore viene alleggerita dall’umanità del futuro ed inseparabile compagno di avventura che ormai ha raggiunto una nuova maturità per affrontare la vita con più coraggio.

QUALCHE CURIOSITÀ In questo film si può vedere uno dei primi casi in sui compare un personaggio realizzato in grafica computerizzata (il cavaliere che salta fuori da una vetrata in una chiesa). Si tratta di una creazione del gruppo di lavoro dello statunitense John Lassater, famoso per aver portato alla celebrità la casa di produzione Pixar con il suo celeberrimo Toy Story. La scena in cui Holmes, Watson ed Elisabeth scoprono la piramide, vi si intrufolano dentro e assistono allo svolgersi di un sacrificio umano, è un chiaro riferimento alla scena speculare del sacrificio umano presente nel film, prodotto e diretto da Spielberg, Indiana Jones e il tempio maledetto, uscito nelle sale appena un anno prima.  

Edizione originale (1887)

RISPETTO E OMAGGIO Il primo incontro fra il dottor John Watson ed il consulente investigativo Sherlock Holmes è avvenuto da adulti in quello che ufficialmente è il romanzo d’esordio di questi indimenticabili personaggi creati da Sir Arthur Conan Doyle nel 1887 (Uno studio in rosso). La serie ufficiale è composta da 4 romanzi e 56 racconti che hanno reso i due detective, pardon, i due consulenti investigativi con sede presso il 221b di Baker Street delle vere icone del giallo e, uscendo fuori dalle pagine cartacee, di innumerevoli adattamenti per il teatro, il cinema ed il piccolo schermo. Per quanto si possa sapere, non esistono fonti che riportino alcun riferimento da parte dell’autore alla giovinezza dei due personaggi ripresi in questo film. E con il bene placito degli eredi di Doyle (il concetto viene ribadito nei titoli di testa e di coda) qui ci si limita a citare gli originali per poi proporre una libera interpretazione che rispetta pienamente le doti deduttive, le adatta alla più giovane età dei protagonisti, le ravviva con un tocco di irresistibile azione in pieno stile ’80-‘90.


(da destra) Jeremy Brett e David Burke

I puristi fra i cultori del giallo si possono crogiolare nei loro (pre)giudizi preferendo trasposizioni di gran lunga più fedeli agli originali. È d’obbligo in questo caso ricordare la serie tv prodotta da Granada Television dal 1984 al 1994  che forse è la più riuscita versione che rispecchia le pagine: Le avventure di Sherlock Holmes (The Adventures of Sherlock Holmes) con Jeremy Brett (Holmes) e David Burke (Watson), quest’ultimo poi sostituito da Edward Hardwicke.

Interpretazioni convincenti per una storia di formazione giovanile, la scoperta di indizi che portano a galla intriganti rivelazioni, il pieno rispetto delle doti deduttive del celeberrimo consulente investigativo, l’uso sapiente di artigianali effetti speciali a descrivere la misteriose uccisioni e l’azione spettacolare che trova l’apice nel finale, sono tutti questi elementi validi che concorrono ad offrire un altro memorabile esempio dell’impareggiabile arte di Spielberg – qui produttore – autentico maestro dell’avventura (I GooniesIndiana Jones) per quei cinefili che hanno gustato, magari stimolati dalla celluloide, le indimenticabili pagine dei classici del giallo e che serbano con amore e orgoglio gli anni ’80 – ’90 nel cuore di bambino / adolescente mai sopito.

UN CULT CHE EMOZIONA E DIVERTE.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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