Romeo e Giulietta: con Franco Zeffirelli il Cinema è degno della Letteratura

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari9 Febbraio 20196 min

«Due grandi casate, entrambe ricche e potenti, nella bella Verona, dove la nostra storia ha luogo, attizzano il fuoco di vecchi rancori, macchiando mani fraterne di fraterno sangue». Così recita la voce narrante, un sempre superbo Vittorio Gassman, che introduce il film di oggi. Romeo e Giulietta è un film del 1968, diretto da Franco Zeffirelli e trasposizione cinematografica della celebre tragedia di William Shakespeare. Il film è stato adattato al grande schermo da Franco Brusati, Masolino D’amico e dallo stesso regista Franco Zeffirelli, ed è noto per essere, oltre che tra le rappresentazioni più fedeli al testo scritto, una delle prime versioni dell’opera di Shakespeare in cui gli attori principali sono molto vicini all’età dei personaggi originali, infatti durante le riprese Leonard Whiting (Romeo) aveva diciassette anni, Olivia Hussey (Giulietta) sedici.

LA TRAMA. Verona, XVI secolo. L’antico odio tra le ricche famiglie dei Montecchi e dei Capuleti insanguina la città. Verso l’inizio della vicenda Romeo Montecchi si reca mascherato a un ballo dei Capuleti, dove vede Giulietta Capuleti, la figlia del suo nemico, e si innamora perdutamente di lei. A fine ballo, egli scavalca il muro di casa Capuleti, e nascosto sotto il balcone dell’amata, al quale ella è affacciata, scopre, sentendola parlare, che è ricambiato, e nel corso della serata i due decidono di sposarsi in segreto. Il giorno seguente la cerimonia è celebrata da Padre Lorenzo, ma le cose cominciano subito ad andare male per i due giovani: Romeo incontra Tebaldo, cugino di Giulietta e, anche se viene offeso da quest’ultimo, rifiuta di battersi per la nuova, segreta parentela che li unisce. Interviene Mercuzio, parente del Principe e amico fidato di Romeo, che viene ucciso da Tebaldo. A questo punto Romeo, preso dalla rabbia, vuole vendicare l’amico, e dopo un duello riesce ad uccidere l’avversario. Il Principe di Verona, per questo evento, lo bandisce dalla città, cosicchè egli, dopo una notte con Giulietta, è costretto a fuggire a Mantova. Nel frattempo il padre Capuleti vuole che Giulietta sposi il conte Paride ed ella, pur di non farlo, accetta la proposta di Padre Lorenzo: una messa in scena in cui finga di acconsentire alle nozze e alla vigilia di esse beva una pozione che le dia una morte apparente, da cui si sarebbe destata dopo quarantotto ore; al momento del risveglio il frate, assieme a Romeo, che nel frattempo sarebbe stato debitamente informato di tutti i particolari dell’accaduto, sarebbe stato presente nella cripta dove sarebbe stata deposta la ragazza e avrebbe aiutato i due sposi a fuggire indisturbati. Ma il frate addetto a portare la lettera con su scritta tutta la sceneggiata non fa in tempo ad arrivare da Romeo, il quale viene informato dal suo servitore Baldassarre, il quale aveva assistito al funerale della giovine, della morte della sua amata, decidendo così di correre a Verona. Giunto davanti alla tomba nella quale è seppellita Giulietta, allontana il suo servo e scende nella cripta, dà l’estremo saluto all’amata, beve un forte veleno e si accascia vicino alla tomba di Giulietta. Intanto, anche Padre Lorenzo giunge alla tomba, convinto di trovare lo sposo già informato, scoprendo invece il cadavere di Romeo. Quando Giulietta si sveglia cerca di portarla fuori senza farle capire cosa è realmente successo nella cripta, ma la ragazza invece nota subito il corpo dell’amato e rimane con lui, mentre il frate fugge impaurito a causa delle grida di alcune persone che si stanno avvicinando alla tomba. A questo punto Giulietta, piena di dolore, decide di seguire anche lei l’infelice sorte dello sposo: prima cerca di bere il veleno dalla fiala del marito, ma essa è stata interamente prosciugata del suo contenuto; così decide di baciargli le labbra, ma pure lì non vi è più traccia della bevanda fatale. Allora, pure lei intimorita dai rumori della gente che si avvicina alla cripta, prende il pugnale dello sposo e inizia a colpirsi al cuore, fino a accasciarsi sul corpo dell’amato, morta. Nell’ultima sequenza si assiste al funerale dei due infelici sposi, al seguito del quale i Capuleti e i Montecchi infine si riconciliano.

Il regista Franco Zeffirelli creò scalpore nel mondo cinematografico quando scelse due giovani sconosciuti per interpretare il ruolo degli amanti sfortunati, ma fu un rischio calcolato ed il film divenne uno dei più celebri di tutti i tempi. Fra i premi internazionali vinti meritatamente dal film si ricordano quelli a Franco Zeffirelli per la regia (David di Donatello e Nastro d’Argento), a Leonard Whiting e Olivia Hussey per le interpretazioni (Targa d’oro ai David di Donatello) e due Oscar (Miglior fotografia e Migliori costumi) su 4 nomination. La colonna sonora ha vinto un Nastro d’Argento ed è stata nominata per altri due premi (BAFTA Award e Golden Globe). Il brano Ai giochi addio (versione italiana di What is a Youth) con testo di Elsa Morante, venne affidato al cantante Bruno Filippini, che nel film è il menestrello, e che aveva vinto il Festival di Castrocaro insieme a Gigliola Cinquetti. Questa versione è stata interpretata anche da Luciano Pavarotti e Natasha Marsh (soprano inglese).

Con le trasposizioni in celluloide di grandi Classici della letteratura raramente si ottengono dei risultati soddisfacenti perché, spesso, si finisce per mantenere una fedeltà minima al soggetto originale apportando cambiamenti alla storia o al contesto per attualizzare la vicenda narrata puntando al consenso di un pubblico che risulta essere diverso per ogni periodo successivo ai fatti narrati. In questo senso può definirsi un prodotto ben riuscito la trasposizione di Buz Luhrman (Romeo + Giulietta di William Shakespeare, 1996), dove i dialoghi originali pienamente rispettati ben si conciliano con un contesto moderno (gli anni ’90 del XX secolo). La tragedia classica di Shakespeare nella versione di Zeffirelli è stata meravigliosamente ricreata grazie ad una interpretazione fresca ed ad un profondo rispetto per il testo originale. Il cuore degli spettatori più romantici non potrà non sciogliersi davanti all’amore vissuto nel pieno della giovinezza e che resiste fino alla fine agli ostacoli della più dura realtà, laddove la brama di potere dilaga sempre più, corrompendo gli animi e generando discordie.

Per chi nella sua solitudine crede ancora nell’amore, per quelli che hanno la fortuna di viverlo ancora, per chi lo ha vissuto, perduto ma non lo ha dimenticato, per ogni cuore non ancora inaridito da un presente sempre più degradato e degradante, questo capolavoro è sempre da rivivere, in particolare a San Valentino, per ricordare che il vero amore è quello che resiste alle prove più difficili della vita.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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