Tra le produzioni più enigmatiche e coraggiose degli ultimi anni, “The OA” assume una posizione di sicuro rilievo. Forse molti non l’avranno mai sentita nominare, ma “The OA” è un prodotto televisivo che merita assolutamente una riscoperta. Creata da Brit Marling e Zal Batmanglij e distribuita da Netflix tra il 2016 e il 2019, “The OA” è un’esperienza visiva e narrativa fuori dal comune. La storia inizia con il ritorno a casa di Prairie Johnson, una ragazza cieca scomparsa da sette anni che, inspiegabilmente, comincia a vederci tutto d’un tratto. La comunità è sotto shock e Prairie si rifiuta di spiegare dove sia stata, rivelando la verità solo a un piccolo gruppo di persone molto diverse tra loro. A poco a poco, quindi, si delinea una storia incredibile, fatta di esperimenti segreti, esperienze extracorporee e dimensioni parallele.
Prairie si autodefinisce “The OA” (“The Original Angel”) e ciò che racconta, per chi è disposto a crederle, mette in discussione ogni certezza sulla vita, la morte e il significato stesso dell’esistenza. Descrivere “The OA” solo come una serie di fantascienza sarebbe riduttivo. È, infatti, un’opera che mescola spiritualità, fisica quantistica, arte performativa e mitologia. Ogni episodio è curato nei minimi dettagli, e la narrazione si costruisce lentamente, chiedendo attenzione e fiducia da parte dello spettatore.
Brit Marling, anche protagonista, regala una performance intensa e ipnotica, mentre la regia gioca spesso con linguaggi simbolici e visioni oniriche. La serie non offre risposte facili, ma solleva domande profonde sul libero arbitrio, sull’identità e su cosa significhi davvero essere umani. Nonostante un seguito molto affezionato, “The OA” è stata cancellata da Netflix dopo la seconda stagione, lasciando i fan in sospeso con un finale sorprendente e spiazzante. La decisione ha scatenato proteste, petizioni e perfino performance artistiche per chiedere un ritorno della serie. Una serie sicuramente da recuperare e ri-apprezzare.