Eurostat: in Italia solo il 52,9% trova lavoro a tre anni dalla laurea

Redazione Zerottouno News Redazione Zerottouno News7 Gennaio 20162 min

Non è un quadro generale positivo quello delineato da Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, sulla situazione occupazione dei laureati italiani a 3 anni dal titolo. Solo poco più della metà infatti (il 52,9%) risulta occupato e peggio di noi fa soltanto la Grecia.
La media UE a 28 nel 2014 (anno a cui si riferiscono i dati) è dell’80,5% con punte del 93,1% in Germania.
La situazione italiana peggiora se si considerano i diplomati, infatti solo il 30,5% risulta occupato a tre anni dal titolo, percentuale che sale al 40,2% tra chi ha un diploma professionale. Nel complesso, gli italiani tra i 20 e i 34 anni usciti da un percorso formativo e occupati erano nel 2014 solo il 45%, contro una media europea del 76%:, ovvero oltre trenta punti in meno. A pesare maggiormente su questi dati è stata la crisi economica iniziata nel 2008, oltre alla stretta sull’accesso alle pensione che ha tenuto al lavoro la fascia di età più anziana.
Parallelamente allo studio Eurostat, l’H Index (un indice proposto nel 2005 da Jorge e. Hirsch per quantificare la prolificità e l’impatto del lavoro degli scienziati, basandosi sia sul numero delle loro pubblicazioni che sul numero di citazioni ricevute) svela come l’Italia abbia investito nel 2013 solo l’1,26% del Pil in Ricerca&Sviluppo, al di sotto della media UE del 2%.Contrariamente però a quanto si possa pensare la ricerca italiana è nella top ten mondiale, collocandosi al settimo posto, ben al di sopra di Paesi che hanno investito quasi il doppio in questo campo come Danimarca e Svezia, registrando un valore in classifica pari a 713. Questo risultato però non deve ingannare perché, se è vero che il nostro Paese è sempre stato ai vertici della ricerca mondiale, producendo un numero straordinario di personalità conosciute in tutto il mondo scientifico, la diminuzione degli investimenti nella cultura, la carenza di strutture più capillari e l’ormai nota “fuga dei cervelli” potrebbero portare ad un arretramento della Nazione e ad un impoverimento culturale ancora maggiore di quello che stiamo vivendo. E’ bene che il Governo attuale e quelli futuri intensifichino lo sforzo verso questa area, il vero punto forte di un Paese che ha fatto delle eccellenze in molti campi la sua forza durante la sua millenaria storia.

di Vincenzo Persico

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