Sembrava invincibile ma poi è crollato sul più bello, il Napoli, che torna sulla Terra, tra gli umani, tra vizi ed errori, puelli nei quali è incappato dopo aver sorvolato i limiti che macchiano i sogni. La sconfitta col Cagliari appartiene alla normalità delle cose, è il bello del calcio e non c’è da sorprendersi, eppure digerirla sarà difficile. I tifosi sono sconvolti, increduli, non sanno a cosa aggrapparsi, dove orientare le proprie critiche per filosofeggiare su un ko che porta l’Inter a +6 e lo scudetto un po’ più lontano.
Sarebbe riduttivo appellarsi alla sfortuna, ai pali o alle parate di Olsen. Legni e guantoni fanno parte del gioco. Esistono strade alternative da percorrere per evitarli. Il Napoli del primo tempo è apparso lento, prevedibile, statico. Nessuno ci ha provato sul serio, ognuno convinto di poter risolverla da un momento all’altro. Così la squadra di Ancelotti ha regalato un tempo all’avversario e nel secondo, quando ha deciso di accelerare, s’è ricordato che il tempo è prezioso e sprecarne gratuitamente è un errore da non ripetere più. Perché l’assalto è durato “solo” quaranta minuti e poi la partita sarebbe finita col rammarico del punticino che in realtà ne nasconde due persi.
Poi è successo l’imponderabile: il Napoli che pareggia e vuole vincere non prende in considerazione l’ipotesi della sconfitta e subisce un contropiede perfetto che permette a Castro di riscrivere la storia di una partita beffarda da cancellare al più presto. Dalla prossima servirà maggior cattiveria, grinta, convinzione e forse anche una punta vera – Lozano è ancora spaesato e fuori forma – che possa dare un senso alla ricchezza offensiva di una squadra forte ma non sempre famelica.