“Nuovo Cinema Paradiso”: commovente omaggio al cinema di Tornatore

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari22 Aprile 202315 min

Nuovo Cinema Paradiso è un film di genere drammatico-sentimentale-commedia del 1988 di produzione italo-francese sceneggiato e diretto da Giuseppe Tornatore. Il cast è formato da Philippe Noiret (Alfredo), il piccolo Salvatore Cascio (Salvatore Di Vita, bambino), Marco Leonardi (Salvatore Di Vita, adolescente), Jacques Perrin (Salvatore di Vita, adulto), Agnese Nano (Elena Mendola, adolescente / figlia di Elena), Brigitte Fossey (Elena Mendola, adulta), Antonella Attili (Maria, giovane), Pupella Maggio (Maria, anziana), Enzo Cannavale (Ciccio Spaccafico), Leo Gullotta (Ignazio), Nino Terzo (padre di Peppino), Leopoldo Trieste (don Adelfio), Isa Danieli (Anna), Roberta Lena (Lia), Tano Cimarosa (fabbro), Nicola Di Pinto (idiota del villaggio), Nellina Laganà (prostituta) e Giuseppe Tornatore (proiezionista).

Prodotto con un budget di 5 milioni di dollari, il film ha avuto una distribuzione a fasi alterne con tagli e adattamenti che ha sancito incassi di circa 150 milioni di vecchie lire prima, di 2 miliardi poi in Italia e di circa 12 milioni di dollari in USA più 400 mila dollari per la versione director’s cut del 2002, risultando un successo di pubblico.

Pareri contrastanti ha invece espresso la critica nel corso degli anni: tutt’oggi il film ha un indice di gradimento del 90% (80 recensioni) sul sito Rotten Tomatoes, un punteggio 80/100 (21 recensioni) su Metacritic e dal 2019 la rivista Empire pone la pellicola al n° 27 fra i 100 migliori film non in lingua inglese della storia del cinema.

Fra i riconoscimenti si segnalano il Premio Oscar ed il Golden Globe miglior film straniero 1989, il Grand Prix Speciale della Giuria (Giuseppe Tornatore) al Festival di Cannes 1989, il David di Donatello miglior colonna sonora (Ennio Morricone) 1989, il Premio Flaiano miglior sceneggiatura (Giuseppe Tornatore) 1989, 5 Premi BAFTA 1991 (miglior film straniero – miglior attore protagonista a Philippe Noiret – miglior attore non protagonista a Salvatore Cascio – miglior sceneggiatura originale a Giuseppe Tornatore – migliore colonna sonora a Ennio Morricone),

TRAMA  Roma, 1988. Salvatore Di Vita è un affermato regista cinematografico di origini siciliane che da trent’anni vive nella Capitale e non ha mai voluto fare ritorno a Giancaldo, suo paesino natale, lasciando che fosse sempre sua madre ad andarlo a trovare. Una sera, al rientro a casa, la compagna gli riferisce di aver appreso, tramite telefonata della di lui madre, della morte di un certo Alfredo. La notizia turba Salvatore che quella stessa notte non riesce a prendere sonno e inizia a rivivere i ricordi della sua infanzia.

Sicilia, secondo dopoguerra. Nel paesino di Giancaldo il piccolo Salvatore, noto in paese come Totò, vive con la madre Maria e la sorella Lia sperando nel ritorno del padre, militare disperso in Russia. Il bambino fa il chierichetto per il parroco Don Adelfio e passa le giornate nella sala cinematografica “Cinema Paradiso” gestita dal parroco e dove stringe amicizia, non senza iniziali difficoltà, con Alfredo, uomo analfabeta e scorbutico ma di buon cuore che lavora come proiezionista del cinema. Il rapporto stretto con Alfredo porta col tempo il bambino a sviluppare una vera passione per il cinema e, dopo che ha tristemente appreso della morte del padre, Totò inizia a frequentare regolarmente la cabina di proiezione diventando un vero e proprio assistente di Alfredo. Una sera, durante la proiezione del film I pompieri di Viggiù, una disattenzione di Alfredo provoca un incendio che distrugge la sala cinematografica e lo stesso Alfredo perde la vista ma viene salvato da Totò stesso. Grazie all’intervento di Ciccio Spaccafico, cittadino napoletano residente a Giancaldo che decide di devolvere i soldi di una vincita alla Sisal, l’edificio distrutto viene ricostruito e ribattezzato “Nuovo Cinema Paradiso” con Totò che viene assunto in pianta stabile come proiezionista coadiuvato da Alfredo che continua a fargli visita nonostante la cecità. Al sopraggiungere dell’adolescenza Totò coltiva il suo amore per il cinema ma allo stesso tempo conosce e si innamora, ricambiato, di Elena Mendola, figlia del nuovo direttore della banca popolare. Il rapporto fra i due giovani viene ostacolato dai genitori di lei e quando per Totò giunge la chiamata per il servizio di leva la relazione finisce quando, prima della partenza di lui, Elena manca ad un ultimo appuntamento al cinema. Terminato il servizio di leva e rientrato a Giancaldo, Totò ritrova Alfredo e su suo consiglio decide a malincuore di lasciare per sempre il suo paese per inseguire le sue aspirazioni.

Trent’anni dopo, al suo ritorno a Giancaldo per il funerale di Alfredo, Totò apprende che il “Nuovo Cinema Paradiso”, ormai edificio chiuso e abbandonato, verrà demolito per fare posto ad un parcheggio. Il casuale incontro con una ragazza uguale alla sua amata e mai dimenticata Elena ed un’incredibile e amara scoperta su di lei porteranno Totò a colmare un vuoto mai superato per conciliarsi con il passato e proseguire nel presente con più serenità.

 

ANALISI   L’azione scorre lenta scandita dal flashback che alterna l’età adulta (presente) e la giovinezza  (passato) del protagonista-voce narrante. Il suggestivo omaggio alla settima arte può contare su validi punti di forza: interpretazioni impeccabili, ricordi nostalgici, una fotografia realisticamente suggestiva e la musica appassionante e commovente. L’infanzia trascorsa nel secondo dopoguerra è il contesto per delineare il ritratto di un’Italia rurale e meridionale in cui la povertà cerca il conforto nelle emozioni scaturite da un proiettore in sala buia. La scoperta – dall’infanzia e oltre l’adolescenza – della magica illusione cinematografica diventa per il protagonista la possibilità di ritrovare una figura paterna ed una via del tutto nuova verso la crescita ed il riscatto. L’omaggio al cinema offerto nella prima parte della trama cede il posto verso il finale ai tormenti amorosi della pubertà e riporta l’attenzione sulla dura realtà della vita vera fuori dal proiettore. La traumatica fine del primo amore e la fuga in cerca di fortuna chiudono il flashback sulla giovinezza per concentrarsi su un’apparente realizzazione personale che dissimula invero una ferita mai rimarginata. La rivelazione nel fugace incontro con il perduto amore riporta la pace con i fantasmi del passato per sancire, nell’emozionante e commovente ultima proiezione in sala, la definita crescita e la speranza di andare avanti.

SICILIA IN CELLULOIDE   Il regista, sceneggiatore, produttore cinematografico e montatore italiano Giuseppe Tornatore (27 maggio 1956) è originario di Bagheria in provincia di Palermo ed è riconosciuto a livello internazionale per film (12 ad oggi) vincitori di svariati premi fra cui si annoverano il Golden Globe, il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes, il Premio BAFTA (2), il David Di Donatello (11) ed il Premio Flaiano (2).

Figlio di un sindacalista CGIL, Tornatore manifesta il suo amore per il teatro e soprattutto per il cinema fin dall’adolescenza vissuta nella provincia siciliana: suo mentore è Mimmo Pintacuda, famoso fotografo e operatore cinematografico. A 16 anni riesce a mettere in scena opere di Luigi Pirandello ed Eduardo De Filippo; conseguito il diploma con il massimo dei voti al liceo classico Francesco Scaduto e frequentata qualche lezione alla facoltà di lettere dell’Università di Palermo, si dedica interamente al mondo del piccolo e grande schermo. La gavetta inizia con alcune esperienze documentaristiche e televisive in Super 8 (Il carretto. Immagini di un’antica cultura, 1979) alle quali si affianca una prima esperienza in politica con l’elezione a consigliere comunale di Bagheria con il PCI.

Il 1981 è l’anno dell’esordio alla regia con il documentario Ritratto di un rapinatore trasmesso alla Rai. Il periodo dei documentari prosegue presso la redazione siciliana di Rai 3: Le minoranze etniche in Sicilia (1982) gli vale il premio al Festival di Salerno.

La prima prova come regista sul grande schermo è il biopic Il camorrista (1984). Tratto dall’omonimo romanzo di Giuseppe Marrazzo, il film narra in forma romanzata la storia del boss Raffaele Cutolo (Ben Gazzara interpreta il protagonista chiamato O Professore ‘e Vesuviano): il successo al botteghino ed il favore della critica valgono al regista il Nastro d’Argento “miglior regista esordiente”.

Dall’incontro con il produttore Franco Cristaldi nel 1988 nasce l’idea per quello che tutt’ora è ritenuto il film più popolare del regista siciliano: Nuovo Cinema Paradiso. La pellicola, che mostra riferimenti evidenti agli esordi di Tornatore (il personaggio di Alfredo interpretato da Philippe Noiret è un omaggio al suo mentore Pintacuda) riscuote un successo tale che consacra il regista a livello internazionale e dà inizio ad una prolifica collaborazione con il compositore Ennio Morricone. Nonostante alcuni imprevisti nella distribuzione – vari tagli per ridurre la durata e la proiezione nelle sale italiane bloccata dopo il primo fine settimana – la pellicola vince il Gran Premio alla giuria del Festival di Cannes e l’Oscar “miglior film straniero” conquistando negli anni a venire un posto di rilievo nella storia del cinema italiano.

Dopo la consacrazione dell’Oscar per Tornatore proseguono i successi fra film e documentari per la maggior parte sempre ambientati nella sua Sicilia. Stanno tutti bene (1990) vede come protagonista Marcello Mastroianni, padre siciliano che scopre la verità sui figli sparsi in tutta Italia. Una pura formalità (1994) è un poliziesco interpretato da star come Roman Polański e Gérard Depardieu e segna un punto di svolta che cambia radicalmente lo stile del regista. Nel 1995 il documentario Lo schermo a tre punte è un altro omaggio alla storia della Sicilia mentre il dramma a sfondo storico L’uomo delle stelle con un singolare Sergio Castellitto, “ladro di sogni” smascherato e caduto in disgrazia, vale al regista il David di Donatello, il Nastro d’Argento, il Gran Premio della Giuria al Festival di Venezia ed una nomination agli Oscar. Il 1998 è l’anno di un altro memorabile successo: tratto da un monologo di Alessandro Baricco (Novecento), La leggenda del pianista sull’oceano vede un magnifico Tim Roth che sulle note di Ennio Morricone racconta la storia di un fenomenale pianista autodidatta mai sceso dalla nave dove è cresciuto. La pellicola emoziona il pubblico e convince la critica: David di Donatello, Efebo d’oro, Ciak d’oro (regia) e 2 Nastri d’argento (regia e sceneggiatura).

Il secondo millennio per Tornatore inizia con una co-produzione italo-statunitense: Malèna (2000). Il dramma narra le turbe amorose di un adolescente (un bravissimo Giuseppe Sulfaro) in parallelo alle disavventure di una bellissima giovane siciliana (una meravigliosa Monica Bellucci) durante la seconda guerra mondiale e si rivela un flop al botteghino che però si aggiudica svariati riconoscimenti (2 nomination agli Oscar, David di Donatello ed il Nastro d’Argento).

La delusione è tale che spinge Tornatore a prendersi una pausa di circa sei anni. Nel 2007 il regista siciliano ci riprova con La sconosciuta. Qui Michele Placido è il protagonista di un dramma ispirato a fatti di cronaca nera su alcuni traffici di prostitute dall’Europa dell’Est: con 3 David di Donatello il film è scelto per rappresentare l’Italia agli Oscar 2008. Il 2009 è l’anno di un kolossal che nel titolo omaggia la città natale di Tornatore: Baarìa. La pellicola apre la 66a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e viene pre-selezionata per rappresentare l’Italia agli Oscar 2010. Il film riscuote aspre critiche da parte della Lega anti-vivisezione per la scelta del regista di riprendere la reale uccisione per dissanguamento di un animale in un macello in Tunisia. Pellicole vincitori di svariati premi e con un cast stellare sono La migliore offerta (2013) e La corrispondenza (2016).

All’attività dietro la cinepresa Tornatore affianca anche quella di scrittore. Nel 2010 riceve la laurea honoris causa in televisione, cinema e nuovi media presso l’Università IULM di Milano e nello stesso anno pubblica per Bompiani il libro La menzogna del cinema in cui è presente la trascrizione dell’intervento presso la suddetta università in occasione del riconoscimento.

Con l’esplosione del movimento MeToo in seguito allo scandalo del caso Harvey Weinstein, il 3 novembre 2017 Tornatore viene accusato sulla rivista Vanity Fair di molestie sessuali dalla soubrette Miriana Trevisan. Respinte le accuse e dichiarandosi a posto con la coscienza, attraverso il quotidiano la Repubblica il regista ha citato in giudizio la Trevisan dinanzi al Tribunale di Roma per risarcimento dei danni da diffamazione e con la sentenza n. 3953/2022 il Tribunale ha dichiarato la soubrette “responsabile della diffusione di notizie atte a screditare la reputazione di Giuseppe Tornatore”.

Ora ho capito perché il soldato andò via proprio alla fine.

Sì, bastava un’altra notte e la principessa sarebbe stata sua.

Ma lei poteva anche non mantenere la sua promessa.

Sarebbe stato terribile. Sarebbe morto.

Così invece, almeno per novantanove notti,

era vissuto nell’illusione che lei fosse lì ad aspettarlo. 

 

OMAGGIO INCOMPRESO   L’idea base del film venne concepita da Tornatore nel 1983 ma soltanto nel 1987 egli scrisse una prima sceneggiatura che dopo diverse proposte respinte ebbe buon riscontro presso i produttori Franco Castaldi e Angelo Rizzoli: il primo dei due fu la scelta del regista per realizzare il film. Riferimenti autobiografici presenti nel soggetto sono riconoscibili nel personaggio di don Adelfio, riferimento al parroco della Chiesa del Santo Sepolcro di Bagheria da Tornatore frequentata nell’infanzia, e soprattutto nella figura di Alfredo, omaggio al fotografo e proiezionista Mimmo Pintacuda amico e – parole testuali di Tornatore – maestro del regista da cui ebbe modo di apprendere la capacità di sfruttare la fotografia come strumento di osservazione della realtà estraneo alla manipolazione della realtà, ovvero capace di riprodurre il soggetto con una sensibilità visiva che sfugge all’occhio di chiunque la vedesse girando per le vie di Bagheria.

Il più popolare film di Tornatore, che è valso al regista la consacrazione a livello internazionale ed è oggi annoverato fra le produzioni più importanti nella storia del cinema italiano, ha attraversato svariate difficoltà legate alla distribuzione. Una prima versione (173 minuti) venne presentata in anteprima mondiale al Festival EuropaCinema di Bari il 29 settembre 1988 e ottenne un grande successo di pubblico e reazioni contrastanti dalla critica. Una seconda versione (155 minuti) venne distribuita nelle sale italiane nel novembre dello stesso anno e risultò uno scarso successo di pubblico e critica. La terza e definitiva versione (123 minuti) fu distribuita nel marzo del 1989: lo scarso riscontro di pubblico in patria fu superato dal successo internazionale – pubblico e critica – all’estero riconosciuto da numerosi premi fra cui spiccano il Gran Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes 1989, il Golden Globe e il Premio Oscar “miglior film straniero” 1990. Nuovamente distribuito in Italia il 25 maggio 1989, il film ha ottenuto il definitivo e meritato riconoscimento dal pubblico della sua patria.

Il parere della critica si divide: il fronte italiano lo ha snobbato fin dall’esordio e riconosciuto in ritardo;  all’estero nel corso degli anni non si smette di lodarlo come dolceamaro amarcord accattivante in un’elegia a sfondo di melodramma popolare sulla morte del cinema in sala.

 

“Il segreto del successo di Nuovo Cinema Paradiso è dovuto al fatto che generazioni di persone in tutto il mondo ritengono la sala cinematografica un luogo di educazione”. (Giuseppe Tornatore)

 

In Italia, così come in tutto il mondo, non è una novità che un film ottenga un risultato in cui pubblico e critica esprimono idee contrastanti e la decisione di seguire questo o quello schieramento a favore o a sfavore è un’operazione che non deve intaccare cuore e mente di chi davvero ama la magia del maxischermo in sala buia, oggi più che mai in via di estinzione per il progresso-regresso del presente schiavo dell’abuso di fredda tecnologia streaming. Se nelle intenzioni del regista siciliano ci sono evidenti intenti di omaggiare la settima arte come strumento di crescita e temporaneo rimedio alle durezza della vita vera vista attraverso gli occhi e le emozioni dell’infanzia, dell’adolescenza e della vecchiaia di un popolo semplice che soffre, va avanti e sempre ha molto da insegnare, allora non si può che apprezzare il prodotto qui ottenuto. E la sconvolgente rivelazione sulla fine del primo amore – quello dell’adolescenza che rende eterno anche un solo breve istante vissuto – è un amaro ma più che efficace cliché che insegna i sacrifici che comporta la crescita nel migliore dei modi in una realtà sempre più degradata e degradante: coltivando talento, sogni e passioni che rendono, prima ancora che realizzati, felici.

CAPOLAVORO DA PRESERVARE PER ANIMI IN ESTINZIONE.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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