“Freaks Out”: fantasy e storico nel secondo lungometraggio di Mainetti

di Vittorio Paolino Pasciari

Freaks Out è un film italo-belga di genere drammatico-fantasy-commedia del 2021 prodotto e diretto da Gabriele Mainetti. Il cast è formato da Claudio Santamaria (Fulvio), Aurora Giovinazzo (Matilde), Pietro Castellitto (Cencio), Giancarlo Martini (Mario), Giorgio Tirabassi (Israel), Franz Rogowski (Franz), Anna Tenta (Irina), Max Mazzotta (Il Gobbo), Sebastian Hülk (Amon), Eric Godon (Gus), Emilio De Marchi (Wolf), Olivier Bony (Guercio), Michelangelo Dalisi (Gambaletto), Francesca Anna Bellucci (Cesira) e Astrid Meloni (donna scimmia).

Prodotto con un budget di circa 13 milioni di euro ha ottenuto un incasso totale di circa 3,2 milioni risultando un flop al botteghino. La critica ha espresso pareri discordanti: in patria è stato elogiato, in USA i pareri oscillano fra perplessità e in certi casi vera ostilità.  

Fra i riconoscimenti si segnalano il Premio Pasinetti Speciale e il Leoncino d’oro al Festival di Venezia 2021, 6 David di Donatello 2022 (miglior produttore – miglior scenografo – miglior truccatore – miglior acconciatore – migliori effetti speciali visivi – miglior autore di fotografia) e 3 Nastri d’Argento 2022 (miglior scenografia – migliori costumi – miglior montaggio)

TRAMA Roma, 1943. Durante l’occupazione nazista dopo l’8 settembre si svolgono gli spettacoli del Circo Mezzapiotta di proprietà dell’ebreo Israel che esibisce come attrazioni un gruppo di fenomeni da baraccone: Matilde, la ragazza elettrica capace di folgorare chiunque la tocchi; Fulvio, l’uomo-lupo affetto da ipertricosi e dotato di forza sovrumana; Mario, nano un po’ ritardato capace di controllare oggetti metallici; Cencio, un ragazzo albino capace di controllare gli insetti. In seguito alla distruzione del loro circo a causa di un bombardamento degli Alleati l’anziano Israel decide usare i pochi risparmi guadagnati per ottenere dei passaporti ed espatriare in America assieme ai suoi compagni di sventura. Ma quando l’ebreo sparisce misteriosamente, i quattro freaks si ritrovano da soli a combattere a modo loro contro la barbarie nazista incarnata da Franz, un pianista con 6 dita sulle mani e proprietario del Berlin Zircus, sontuoso e prestigioso circo allestito dagli occupanti nazisti dove il folle e drogato proprietario porta avanti la sua ossessione di voler trovare e sfruttare esseri speciali come lui per impedire la futura la caduta del Terzo Reich.

ANALISI L’azione scorre veloce ed il regista sembra voler focalizzare l’attenzione dello spettatore sui caratteri dei personaggi in un contesto ai limiti del catastrofico lasciato sullo sfondo. In un ritmo che si sforza di non essere monotono, si scorgono diversi generi di cinema che si fondono e si stemperano rendendo difficile una precisa collocazione di giudizio. Il dramma del grottesco fenomeno dei fenomeni da baraccone viene alleggerito dall’ironica follia dei partigiani menomati che lottano per la libertà e dalla descrizione dei poteri sovrumani in chiave di cinecomic. La tragedia del guerriero mancato, represso e ridotto ad emarginato e infine schernito fenomeno di spettacolo, viene stemperata dall’aggiunta dell’elemento fantasy nelle visioni futuristiche sotto l’effetto allucinogeno della droga. Il successo sperato che riduce a cavie da laboratorio in contrasto con il bisogno di affetto familiare e la sofferta scoperta che ciò che ti segna è ciò che ti rende unico rendono l’intrattenimento della spettacolare battaglia finale un divertente preludio al lieto fine e lascia aperto il dibattito fra chi snobba ciò che non comprende e chi cerca di andare oltre per godersi l’emozione del coraggio dei bassifondi che lottano per sopravvivere in un curioso mix sostenuto da interpretazioni impeccabili.

ROMA DI GENERE Il regista, attore, compositore e produttore cinematografico romano Gabriele Mainetti coltiva la sua passione per il cinema fin dalla giovinezza. La formazione passa da una Laurea in Storia del Cinema presso l’Università degli Studi di Roma Tre alla frequentazione di corsi e laboratori nella Capitale. Come attore sono da segnalare partecipazioni a produzioni per il piccolo (Stiamo tutti bene) e grande schermo (Il cielo in una stanza) e con i cortometraggi si fa notare come autore di colonne sonore prima di concentrarsi sulla vera passione che è la regia.

La sua prima prova dietro la macchina da presa è il cortometraggio Basette (2008): il cast vede volti noti del cinema nostrano del calibro di Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Daniele Liotti e Luisa Ranieri; il prodotto partecipa ad oltre 50 festival ed ottiene una candidatura ai Nastri d’Argento con menzione speciale “miglior sceneggiatura” e “migliori attori”. Nel 2011 fonda la società di produzione Goon Films che raggiunge una vetta importante con il cortometraggio Tiger Boy: finalista ai Globi d’Oro e ai David di Donatello 2012, Nastro d’argento 2013, secondo classificato al 42o Giffoni Film Festival; selezione fra i 10 finalisti alla nomination “miglior cortometraggio” agli Oscar presso gli Academy of Motion Picture Arts and Sciences.

Il 2015 è l’anno del primo lungometraggio della Goon Films: conLo chiamavano Jeeg Robot(recensione qui) Mainetti dirige e produce quello che – nel bene e nel male – diventa e resta il film-rivelazione dell’anno il cui successo, più che meritato, è riconosciuto dal botteghino (5 milioni di euro su un budget di 1,700) e dalla critica (7 David di Donatello).

“Il titolo è nato perché to freak out in inglese vuol dire impazzire e il nostro villain impazzisce; e poi perché il Circo Mezzapiotta viene sventrato da un bombardamento e i nostri freaks si trovano al di fuori del loro spazio sicuro, dovendo fare i conti con la propria diversità e con il mondo, quindi sono out”
(Gabriele Mainetti)

CONTAMINAZIONE CURIOSA Del drammatico fenomeno dei freaks / “fenomeni da baraccone” avevamo già avuto modo di parlare citando un immortale capolavoro biopic del passato (The Elephant Man, recensione qui). Con il suo secondo lungometraggio da regista e produttore, Gabriele Mainetti sembra voler ritentare la sorpresa del 2015 rivelandosi un artista pieno di inventiva e un degno erede della contaminazione (drammatico-fantastico-comico-grossolano) che ha reso il cinema di genere una geniale invenzione nostrana sviluppatasi in un’epoca irripetibile (gli anni ’60 – ’80 dell’ormai passato XX secolo) dove esperimenti con pochi mezzi, effetti artigianali, trovate narrative geniali e originali di adattamento, hanno saputo creare prodotti diventati cult e di ispirazione per i maestri della New Hollywood di Tarantiniana memoria.

Se con il drama-cinecomic popolano all’italiana del 2015 Mainetti si è concentrato sul lato drammatico e romantico, con questa seconda prova aggiunge e mescola altri ingredienti – lo storico, il fantasy, il comico – e offre un prodotto che un occhio acuto con cuore aperto non ancora consumati da un presente disperato che si ferma alle apparenze non potranno non apprezzare per l’inventiva e il massimo impegno a non essere monotono.

CURIOSO E RILASSANTE.

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