Il caso ha voluto portare alla luce una commovente testimonianza storica risalente alla II Guerra Mondiale. Valentina Romano, professoressa di italiano e latino al liceo scientifico Paolo Govio di Como, si è imbattuta in una lettera, ritrovata casualmente su un marciapiede sul quale passava per recarsi a scuola. Ad attirare l’attenzione della professoressa è stato lo stato della lettera, che lasciava intendere non essere proprio recente, e un particolare timbro, quello con l’aquila simbolo del Terzo Reich nazista. Raccolta la lettera per evitare che venisse distrutta dalla pioggia che cadeva, la professoressa ha cominciato delle ricerche personali, incuriosita dal contenuto della stessa. «Cari genitori, dopo un lungo silenzio eccomi a voi col farvi sapere che mi trovo in un altro sito ove qui lavoro la terra. Sono in aperta campagna in case di contadini. Mangiare non me ne manca, perciò non preoccupatevi di nulla che sto veramente bene. Sono momenti critici per tornare a casa. Pensate a tirare avanti più bene che potete la vita, certo sì tanto dura. Sempre vi sono vicino col pensiero. Non mi resta così che mandarti un bacio, a te cara mamma e caro babbo, fiducioso che mi presto ritorno fra voi, miei cari». A scrivere queste parole è stato il soldato Roberto Bianchi, nel lontano 1944, quando fu catturato dall’esercito nazista a seguito dell’armistizio e si ritrovò deportato in Polonia, costretto ai lavori forzati. All’epoca Roberto si premurò di mentire ai propri parenti, cercando di rassicurarli sul proprio stato di salute. La professoressa Romano tramite Facebook è riuscita a risalire alla famiglia Bianchi, ancora oggi residente nella zona di Como, ed in particolare ad un cugino che ha confermato il contenuto della lettera, raccontando che Roberto Bianchi riuscì a ritornare sano e salvo in patria dove intraprese una carriera da postino, morendo nel 1999. Uno dei tanti piccoli frammenti di una grande storia venuto a galla grazie ad uno scherzo del destino.
di Marco Sigillo