8 ottobre 1967: la cattura di Ernesto “Che” Guevara

Fonti: Liberationews.it, Diario As.com

di Domenico Colella

L’8 ottobre 1967, tra le aride montagne della Bolivia, si consumò uno degli episodi più iconici e drammatici della storia contemporanea latino-americana: la cattura di Ernesto “Che” Guevara. Figura leggendaria della rivoluzione cubana e simbolo internazionale della lotta contro l’imperialismo, Guevara venne intercettato, ferito e catturato da reparti dell’esercito boliviano assistiti da consiglieri militari statunitensi. La sua morte, avvenuta il giorno successivo, trasformò il “Che” in un mito globale, oggetto di venerazione, studio e controversia.

Dopo il successo della rivoluzione cubana (1959), Guevara divenne una figura centrale del nuovo governo guidato da Fidel Castro, ricoprendo ruoli ministeriali e diplomatici. Tuttavia, la sua vocazione non era quella dell’amministratore, ma del guerrigliero internazionale. Convinto che la rivoluzione dovesse essere estesa in tutto il Terzo Mondo per spezzare il dominio delle potenze occidentali, Guevara decise di lasciare Cuba nel 1965 per sostenere altri movimenti insurrezionali.

Dopo un fallimento in Congo, nel 1966 si diresse clandestinamente in Bolivia, ritenendola un punto strategico per accendere una rivoluzione continentale. La scelta si rivelò presto infelice: il Paese era governato da una giunta militare filoamericana e la popolazione rurale, a differenza di quanto accaduto a Cuba, mostrò scarso entusiasmo per la guerriglia. Inoltre, la cellula boliviana mancava di coesione e di collegamenti efficaci con partiti o movimenti locali.

Guevara guidava un gruppo di circa 50 uomini, composto da boliviani, cubani e altri volontari internazionali. Le condizioni logistiche erano estremamente difficili: mancavano armi adeguate, scorte di cibo e medicinali, e l’isolamento geografico rendeva complessi i rifornimenti. Fin dall’inizio, la guerriglia dovette affrontare pesanti perdite inflitte dall’esercito boliviano, che beneficiava dell’appoggio diretto della CIA. Gli Stati Uniti, in piena Guerra Fredda, consideravano Guevara una minaccia concreta alla stabilità dell’America Latina e destinarono uomini e risorse per neutralizzarlo. La CIA inviò in Bolivia agenti specializzati nella lotta antiguerriglia, tra cui Félix Rodríguez, un cubano anticastrista che ebbe un ruolo diretto nella sua cattura e nell’esecuzione.

All’inizio di ottobre 1967, il gruppo di Guevara era allo stremo. Inseguiti da mesi, malati e affamati, i guerriglieri si trovavano nella regione di Ñancahuazú, nelle montagne boliviane. La mattina dell’8 ottobre, l’esercito boliviano, informato della posizione del gruppo, tese un’imboscata nella Quebrada del Yuro, una stretta gola che limitava le possibilità di fuga. Durante lo scontro a fuoco, Guevara fu ferito alle gambe e alla spalla, e il suo fucile si inceppò. Circondato, fu catturato insieme ad altri compagni sopravvissuti. I militari lo trasferirono al villaggio di La Higuera, dove venne rinchiuso in una piccola scuola. Qui passò le sue ultime ore, sorvegliato e interrogato.

Secondo testimonianze successive, la decisione di giustiziare Guevara fu presa rapidamente dal governo boliviano, con l’avallo di funzionari statunitensi. Il timore era che un processo pubblico potesse trasformarsi in una tribuna politica per il leader rivoluzionario, galvanizzando simpatizzanti in tutto il mondo. Il 9 ottobre, verso mezzogiorno, l’ordine fu eseguito. L’incarico venne affidato al sergente boliviano Mario Terán, che sparò diversi colpi a distanza ravvicinata. Prima dell’esecuzione, Guevara avrebbe pronunciato parole rimaste celebri: «Spara, vigliacco, stai per uccidere un uomo!». Una frase il cui testo esatto rimane discusso, ma che è entrata nella leggenda. Dopo l’esecuzione, il corpo di Guevara fu trasportato a Vallegrande e mostrato ai giornalisti, in una sorta di “prova” della sua morte. Le immagini del suo cadavere, con gli occhi socchiusi e un’espressione serena, ricordarono a molti l’iconografia cristiana del Cristo morto, contribuendo alla sua immediata mitizzazione. Il corpo fu poi sepolto in una fossa comune segreta, scoperta soltanto nel 1997, quando i resti vennero trasferiti a Cuba, a Santa Clara, luogo della sua più celebre vittoria militare durante la rivoluzione cubana.

Documenti desecretati hanno confermato che gli Stati Uniti seguirono da vicino le operazioni contro Guevara in Bolivia. Oltre al supporto materiale e all’addestramento delle truppe locali, la CIA monitorava gli spostamenti del guerrigliero attraverso agenti infiltrati e intercettazioni. Il coinvolgimento diretto di Félix Rodríguez, che parlò con Guevara poco prima della sua esecuzione, è una delle prove più note dell’influenza statunitense nell’operazione.

La morte di Guevara non segnò la fine della sua influenza: al contrario, ne amplificò la portata. Negli anni successivi, il suo volto, immortalato nella celebre fotografia di Alberto Korda (Guerrillero Heroico), divenne un’icona planetaria, stampata su bandiere, magliette e manifesti. La figura del Che fu adottata tanto dai movimenti rivoluzionari quanto dalla cultura popolare, talvolta svuotata del suo significato politico originario. Sul piano politico, il mito del Che continuò a ispirare guerriglie in America Latina e in altre parti del mondo, sebbene molte di esse non ottennero successi duraturi. Il suo pensiero strategico e i suoi scritti, come La guerra di guerriglia, rimasero testi di riferimento per movimenti insurrezionali.

La figura di Guevara rimane oggi controversa. Per alcuni, è un eroe romantico, simbolo di dedizione alla causa degli oppressi e di integrità ideologica; per altri, è un rivoluzionario spietato, responsabile di esecuzioni sommarie a Cuba e fautore di una strategia militare fallimentare in Bolivia. Tuttavia, l’episodio dell’8 ottobre 1967 è indiscutibilmente un punto di svolta nella storia della Guerra Fredda in America Latina. La cattura e la morte di Guevara mostrarono la determinazione degli Stati Uniti e dei governi alleati nel contenere la diffusione del comunismo nel continente, ma allo stesso tempo produssero un martire che avrebbe superato, per influenza simbolica, molte delle vittorie militari ottenute dai suoi avversari.

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