A Milano nasce il primo registro anagrafico per le persone transgender alias

di Luisa Sbarra

Tra poco, in primavera, sarà attivo a Milano il primo registro per il riconoscimento dell’identità alias e del genere di elezione, rivolto alle persone transgender costrette a mantenere il proprio nome anagrafico e il genere d’origine fino alla conclusione del percorso di affermazione di genere e alla riassegnazione del genere anagrafico e al cambiamento del nome, richiesti al Tribunale competente.

Tutto è iniziato un anno fa, grazie alla Consigliera del PD e prima donna transgender ad essere eletta a Milano, Monica Romano, che ha depositato a Palazzo Marino una mozione al riguardo, appoggiata da undici consiglieri di maggioranza. Dopo qualche ostacolo e qualche polemica, pochi giorni fa, lei e la consigliera delegata alle Pari Opportunità del Comune, Elena Lattuada, hanno ottenuto l’appoggio del Sindaco Beppe Sala.

Restano alcune problematiche inerenti alla privacy da risolvere, ma le persone transgender, ben presto, potranno utilizzare il nome scelto nei servizi anagrafici prima della conclusione di tutto il lungo iter, che spesso si protrae anche per alcuni anni. Sarà, quindi, possibile utilizzare il nuovo nome e la nuova identità nelle tessere delle biblioteche rionali, sugli abbonamenti Atm, sui badge dei dipendenti del Comune.

Si stima che, ad avvalersi di tale procedura, saranno circa mille persone, soprattutto giovani ragazzi che spesso provano forte disagio a non poter vivere la propria identità di genere e si ritrovano bloccati nelle lungaggini per l’affermazione di essa. L’Ospedale Niguarda di Milano è l’unica struttura pubblica dotata di un Centro per la Disforia di Genere e presenta una lista d’attesa di 149 persone da più di un anno. Le persone prese in carico ogni anno dalle strutture private sono circa 100, ma le richieste sono di gran lunga superiori. Tutto sommato, si spera che la Legge italiana modernizzi tutto il procedimento sul cambio di genere e del nome anagrafico (regolamentato più di 40 anni fa), ormai obsoleto e si omologhi a quello degli altri Paesi europei.

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