“STANLIO & OLLIO”: un film biografico degno dei protagonisti omaggiati

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari3 Maggio 20199 min

Stanlio & Ollio (Stan & Ollie) è un film del 2018 diretto da Jon S. Baird. La pellicola narra le vicende del celeberrimo duo comico Stanlio e Ollio ed ha come interpreti principali Steve Coogan (Stan Laurel), John C. Reilly (Oliver Hardy), Shirley Henderson (Lucille Hardy), Nina Arianda (Ida Kitaeva Laurel) e Danny Huston (Hal Roach).

LA TRAMA 1953: Stan Laurel e Oliver Hardy partono per una tournée teatrale in Inghilterra. Finita l’epoca d’oro che li ha visti re della comicità, vanno incontro ad un futuro incerto. Il pubblico delle esibizioni è tristemente esiguo, ma i due sanno ancora divertirsi insieme, l’incanto della loro arte continua a risplendere nelle risate degli spettatori, e così rinasce il legame con schiere di fan adoranti. Il tour si rivela un successo, ma Laurel e Hardy non riescono a staccarsi dall’ombra dei loro personaggi, e fantasmi da tempo sepolti, uniti alla delicata salute di Oliver, minacciano il loro sodalizio. I due, vicini al loro canto del cigno, riscopriranno l’importanza della loro amicizia.

Nella carriera professionale, come nella vita in generale, alle luci della ribalta segue lentamente, ma inesorabilmente, il declino. Tale è da considerarsi il periodo che segue il 1940 per la carriera cinematografica di quella che innegabilmente è stata la coppia comica per antonomasia. Dopo la rottura definitiva con gli Hal Roach Studios, dovuta non solo alle esigenze sempre più pressanti di Laurel ma soprattutto al cambio di tendenza orientato non più alla comicità ma al contenuto sociale, Stan e Ollie furono costretti ad accettare offerte prima con la Metro Goldwyn Mayer e poi con la Fox, che si rivelarono un errore. I film prodotti risultarono avere trame piatte e non in grado di sfruttare al meglio le capacità del duo comico. Laurel & Hardy ebbero la possibilità di rifarsi in Europa, dove la loro popolarità era rimasta intatta, compiendo una tournée nel dopoguerra in Gran Bretagna, Francia e Italia. Il risultato fu un trionfo.

Nessun mondo è forse più spietato come quello dello spettacolo quando mostra segni sottilmente velati di stanchezza per un talento che, seppur ancora amato dal pubblico, non sembra più in grado di offrire nuovi profitti per i tempi che corrono. Emblematica nella sua tristezza è la scena di un disilluso Stan Laurel nella sala di attesa di un produttore a Londra che cerca di intrattenere una giovane segretaria con delle gag da antologia che però non ottengono l’effetto sperato. Forse perché galvanizzati dal successo insperato a teatro e cercando ancora una rivalsa di fronte al successo sul grande schermo dei nuovi ‘eredi’ come Abbott & Costello (Gianni e Pinotto), i due amici cercarono la strada di un nuovo lungometraggio che avrebbe dovuto includere, in un cast italo-francese di un certo livello, talenti del calibro di Totò e Fernandel. Il film in questione, Atollo K, risultò un fiasco di critica e botteghino, dovuto non solo ai tagli della censura americana ancora vittima di maccartismo e alla generale incapacità della troupe quasi improvvisata, ma soprattutto al peggioramento della salute di Stan e Ollie. Se il 1953 segna di fatto per entrambi la fine dei successi sul Grande Schermo, ritrova stabilità una vita matrimoniale fino a quel momento piuttosto turbolenta (tre matrimoni per Ollie, cinque per Stan): in quell’anno si svolge allora l’ultima trionfale tournée in Europa.

Nel 1955 la televisione sembrò voler dare una nuova chance al leggendario duo comico, progettando una serie di comiche Tv prodotte da Hal Roach Jr, figlio dello storico produttore che segnò gli anni d’oro della Coppia. Il progetto finì prima ancora di cominciare a causa della malattia che ormai stava divorando entrambi. Ollie, “Babe” come lo chiamavano gli amici, morì nel 1957, e Stan lo seguirà nel 1965, avendo avuto il tempo di vedere il loro mito risorto, consacrato da un Oscar alla Carriera nel 1961.

Dopo una prima mezz’ora in cui le risate sono degne di quelle più che meritate per gli originali, lo spettatore comincia ad intravedere con spietato realismo il dramma del canto del cigno. Il tramonto è reso con malinconico ritmo scandito dal sopraggiungere dei primi problemi di salute di Ollie e dai segnali di abbandono da parte del mondo del celluloide che chiude le porte in faccia alle nuove idee di Stan. Ormai si vuole puntare più al business rapido di talenti più giovani a scapito del talento che ancora potrebbe dare molto al pubblico che non si è affatto scordato del Duo.

Un legame di sincera amicizia spesso è consolidato proprio dal fatto che ognuno dei due amici è l’opposto che completa l’altro come le due metà di una sola persona. Se sulla scena Stan è lo stupido che con candida ingenuità causava guai e Ollie era lo stupido furbo che non esitava a sovrastare con boriosa simpatia l’amico, nella realtà invece accadeva l’esatto opposto. Affiatati e molto amici, i due comici raramente passavano il tempo insieme fuori dal set, perché le abitudini e gli stili di vita erano opposti. Stan era un tipo tutto lavoro, che passava gran parte della sua giornata sul set e in sede di montaggio, essendo lui attore-regista-montatore non accreditato dei suoi film; Ollie, che si faceva chiamare “Babe” dai suoi amici (Stan incluso), era invece un tipo mondano, che passava le sue giornate sui campi di golf (grande passione della sua vita), alle corse dei cavalli, sui banconi del bar, ma la sua vita privata la lasciava a casa quando era sul set, dove seguiva alla lettera le indicazioni di Stan su cosa fare in scena (ma non come farla: i suoi manierismi, gag e battute erano tutte di tasca sua). Raramente Ollie partecipava alla parte creativa dei loro film, e quindi non rientrava nelle attività extra lavorative di Stan, che amava parlare di gag specie quando si dedicava ad una sua grande passione, la pesca. Per ironia della sorte, Hardy, poco prima di morire, era stato colto da una paralisi che lo immobilizzava da un solo lato. Laurel, invece, alla fine dei suoi giorni rimase paralizzato dal lato opposto a quello del suo grande compagno di lavoro e amico.

 

Stan Laurel e Oliver Hardy nella famosa scena del ballo davanti al saloon
(I fanciulli del West, 1937). La scena è la più omaggiata nel film-omaggio del 2018.

Nel film biopic che omaggia questa coppia comica irripetibile i due interpreti principali sono impeccabili non solo nel riuscire a riprodurre fedelmente le gag storiche della Coppia, ma soprattutto perché offrono una resa perfetta dell’umanità che caratterizzò la sincera amicizia fra Stan e Ollie. Il film non manca di evidenziare i difetti dell’uno e dell’altro: la passione di Hardy per le scommesse ippiche e le insopportabili esigenze tecniche dello stacanovista Laurel che, come tutti i geni del suo campo, non esita a mettersi contro la produzione pur di ottenere la realizzazione delle proprie idee. Nella scena finale del balletto che conclude la tournée in Europa e che rappresenta il definitivo congedo della Coppia, memorabile e commovente è lo sforzo di un Ollie ormai provato dal cuore malato nel portare a termine lo sketch con l’amico e partner di sempre.

 

Steve Coogan (Stan) e John C. Reilly (Ollie)
nella scena del balletto che conclude la tournée ed il film.

Presentato alla Festa del Cinema di Roma, accolto con un’ovazione del pubblico e molto apprezzato dalla critica, questo biopic romanzato celebra il meraviglioso legame che ha unito per tutta la vita il duo comico più amato al mondo. Raramente un film biografico riesce ad essere degno di una magia del Cinema che praticamente risulta ineguagliabile.

Se per un istante proviamo ad usare lo sguardo rivolto in macchina inventato da Ollie per cercare l’attenzione e la solidarietà del pubblico sfondando la quarta parete, è un dovere rispondere, a chi dice che siamo troppo grandi per queste frivolezze passate, che è di gran lunga preferibile morire dalle risate rivedendo i Capolavori di due Maestri del Cinema del passato, che continuare ad agonizzare nel pessimismo di un presente in cui i nostri simili mostrano sempre più aridità di cuore e piccolezza di mente perché assieme alle risate hanno perso la voglia di vivere. I puristi fra i cinefili possono pure storcere il naso, mentre quelli che da piccoli hanno scoperto il talento indiscusso della Coppia Laurel & Hardy potranno ridere e commuoversi davanti a questo omaggio più che degno di essere vissuto anche e soprattutto dai giovani contemporanei che conoscono poco o per niente il valore che può avere una sana risata per proseguire in un mondo sempre più freddo e duro da digerire.

E forse azzeccata è la decisione del regista di trattare non il periodo d’oro della Coppia, ma quello del tramonto, perché, come può apprendere un cuore provato ma non ancora inaridito dalla vita nella sua forma più tragica, una risata può anche rendere la morte più facile da affrontare e, almeno col pensiero, da sconfiggere.

 

Stan Laurel & Oliver Hardy dal set di “I figli del deserto” (1933),
considerato da molti il miglior lungometraggio della Coppia.

Per rispetto dovuto alla coppia comica che mai sarà eguagliata è doveroso citare almeno una storica battuta resa immortale in italiano dalle voci di Mauro Zambuto (Stan) e Alberto Sordi (Ollie) a proposito della possibilità di reincarnarsi dopo la morte:

STANLIO : «Io vorrei tornare quello che sono, sono sempre andato d’accordo con me stesso».

OLLIO: «Bhè se ritornerai ad essere quello che sei, procura di tornare meno stupìdo di questo momento».

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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