Il più grande oppositore di Putin è finito in carcere e il Paese è in protesta

Redazione Zerottouno News Redazione Zerottouno News7 Febbraio 20212 min
MOSCOW, RUSSIA - SEPTEMBER 29 : Russian opposition leader Alexei Navalny attends a rally in support of political prisoners in Prospekt Sakharova Street in Moscow, Russia on September 29, 2019. (Photo by Sefa Karacan/Anadolu Agency via Getty Images)

Putin ora passerà alla Storia come un avvelenatore: c’è stato Alessandro il Liberatore o Yaroslav il Saggio. E avremo Vladimir l’Avvelenatore di mutande”. Lo ha detto in tribunale Alexei Navalny, leader politico russo e principale oppositore del presidente Putin. Leader del Partito del Futuro e presidente della Lega Democratica, Navalny è stato arrestato due settimane fa al suo ritorno in patria. La polizia lo ha preso in custodia appena arrivato a Mosca e il suo avvocato non ha potuto seguirlo. Gli ufficiali del dipartimento operativo del Servizio Penitenziario Federale della Russia (FSIN) lo hanno fermato a causa di una condanna con sospensione condizionale della pena e per essere stato inserito nella lista dei ricercati il 29 dicembre 2020 per molteplici violazioni del “periodo di prova”.

Navalny era tornato in Russia dopo 5 mesi di permanenza a Berlino dove era stato ricoverato per essere stato avvelenato. In seguito al suo arresto e alla conseguente condanna ad oltre 2 anni di carcere, sono scoppiate numerose proteste in molte parti della Russia, represse conseguentemente con centinaia di arresti e fermi giudiziari. Il Governo russo ha trattato la situazione sollevando sempre molte ombre. L’avvelenamento è stato infatti sempre smentito nei primi mesi dalle fonti ufficiali del Governo che però si è poi dovuto fermare davanti all’evidenza. Negli scorsi giorni, inoltre, il medico che ha curato Navalny in Russia appena dopo essere stato avvelenato, è morto improvvisamente per cause non precisate a 55 anni.

Molti leader mondiali, tra cui anche il neo presidente Biden e i vertici dell’UE, hanno richiesto a gran voce la liberazione del leader politico. Si tratta della seconda crisi sociale scoppiata nell’ultimo mese dopo il colpo di Stato avvenuto in Myanmar (l’ex Birmania, ndr). Una situazione molto delicata che in una delle più grandi potenze mondiali ad un passo dal blocco democratico europeo rischia di rompere molti equilibri.

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