Anche Cimitile e il suo santo patrono fanno i conti con il coronavirus. Per la prima volta, probabilmente, le festività in onore di San Felice in Pincis nel piccolo Comune del Nolano si sono tenute in un clima di minor distensione e più sobrietà. La chiesa ha accolto un minor numero di fedeli, distanziati e con mascherina, e la messa è stata celebrata dal vescovo di Nola, mons. Francesco Marino. Una celebrazione sentita per una comunità fortemente devota come quella di Cimitile che ogni anno, il 14 gennaio, si raccoglie in devozione per il santo patrono.
Ma chi era San Felice? Secondo gli storici la famiglia di Felice era di origine orientale e si stabilì nella vicina Nola dove nacquero il futuro santo e il fratello che, a differenza di Felice che si farà ben presto sacerdote, sceglierà le armi e la guerra. La sua vita (come raccontato dal sito religioso Parrocchie.it) cambia per sempre quando la persecuzione si abbatte sul Cristianesimo. Viene arrestato e condotto in carcere ma è qui che nasce il mito: i racconti religiosi raccontano infatti che un angelo risplendente di luce gli appare, lo invita ad alzarsi e lo conduce sui monti dove c’è il vescovo Massimo. A quel punto il Signore gli offre un grappolo d’uva, che miracolosamente gli appare vicino, e lui a sua volta lo offre al morente vescovo che con un miracolo rinviene. Il succo di pochi acini fa infatti ristabilire il morente vescovo e Felice lo prende sulle spalle, conducendolo poi a casa. Felice sfuggì alla cattura rifugiandosi all’interno di una cisterna e successivamente fece ritorno a Nola, dove rifiutò l’episcopato e trascorse il resto dei suoi giorni in povertà, accettando serenamente enormi sofferenze, tanto da meritare l’appellativo di martire pur senza aver versato il proprio sangue. Il suo corpo è seppellito presso le Basiliche Paleocristiane di Cimitile. La sua tomba fu detta Ara Veritatis, perché gli si attribuiva particolare efficacia contro la falsa testimonianza.
