“DIABOLIK” dei Manetti Bros: un omaggio riuscito al Re del Terrore

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari11 Dicembre 202217 min

Diabolik è un film di genere azione-thriller-poliziesco-giallo del 2021 diretto, co-sceneggiato e co-prodotto dai Manetti Bros per la casa di produzione Mompracem e Rai Cinema. La pellicola costituisce il secondo adattamento cinematografico sul grande schermo, dopo un primo del 1967 diretto da Mario Bava, dell’omonimo fumetto creato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani e si basa sul terzo albo della serie originale, L’arresto di Diabolik, che narra l’incontro fra il celebre ladro e la sua compagna di vita e complice Eva Kant.

Il cast è formato da Luca Marinelli (Walter Dorian / Diabolik), Miriam Leone (Lady Eva Kant), Valerio Mastandrea (ispettore Ginko), Alessandro Roja (Giorgio Caron), Serena Rossi (Elisabeth Gay), Luca Di Giovanni (Roberto), Roberto Citran (direttore dell’albergo), Pier Giorgio Bellocchio (agente Palmer), Guglielmo Favilla (agente Florian), Vanessa Scalera (Flora, segretaria di Caron), Antonino Iuorio (direttore del carcere), Daniela Piperno (Ada, direttrice della banca), Urbano Barberini (Duncan), Giovanni Calcagno (vigile del fuoco), Davide Devenuto (ispettore Driskell), Stefano Pesce (procuratore), Massimo Triggiani (avvocato) e Claudia Gerini (signora Morel).

Prodotto con un budget di circa 10 milioni di euro il film ha raggiunto un incasso totale di circa 2,6 milioni di euro risultando un flop al botteghino che ha diviso la critica fra chi ne ha stroncato scelte recitative, ritmo e azione, e chi ne ha lodato la bravura di Valerio Mastandrea, la credibilità di Miriam Leone e la recitazione ben riuscita e fredda di Luca Marinelli. Fra i riconoscimenti si annoverano il David di Donatello (su 11 candidature) ed il Nastro d’Argento 2022 (su 8 candidature) per la “miglior canzone originale” (Manuel Agnelli, La profondità degli abissi). Il progetto di due sequel è stato rivelato ancor prima della distribuzione del film ed il primo di questi, Diabolik – Ginko all’attacco!, è stato distribuito nelle sale italiane dal 17 novembre 2022.

TRAMA Anni ’60. Nell’immaginaria città di Clerville un’ombra si aggira per le strade seminando terrore fra i cittadini e le forze dell’ordine: Diabolik, un ladro tanto spietato quanto inafferrabile. Nessuno conosce l’identità di questo famigerato criminale né il suo viso e l’unica certezza è che chiunque abbia a che fare con lui muore. All’insaputa di tutti, Diabolik vive sotto la falsa identità di Walter Dorian in un’elegante villa in campagna assieme ad Elisabeth Gay, la sua ignara fidanzata. Un giorno in città arriva l’affascinante e ricca vedova Lady Eva Kant che porta con sé un prezioso gioiello, il Diamante Rosa, su cui Diabolik mette presto gli occhi. Mentre la bellissima vedova è ospite del miglior albergo della città, l’inafferrabile ladro uccide e prende il posto del cameriere messo al servizio della donna e tenta il colpo. Scoperto però dalla stessa Lady Kant, è sul punto di ucciderla ma la donna, che si mostra per nulla terrorizzata dal criminale, lo informa che si tratta di un gioiello falso e decide di raccontargli la verità sul suo passato. Diabolik in un primo momento non vuole credere alla donna, ma dopo aver verificato la storia e impressionato dalla freddezza di quest’ultima di fronte al pericolo, decide di mostrarle il suo vero volto e tra i due scoppia un amore che si preannuncia tormentato quanto appassionato. Nel frattempo Elisabeth, insospettita e terrorizzata da alcuni eventi strani avvenuti in casa, finisce con lo scoprire la vera identità del suo tenebroso fidanzato e, sconvolta, lo denuncia alla polizia che, nella figura del calmo e determinato ispettore Ginko, riesce dopo innumerevoli fallimenti ad arrestare il famigerato Diabolik che viene processato ed infine condannato a morte. Ma il giorno dell’esecuzione, grazie ad un trucco brillante con la complicità di Eva Kant, il criminale riesce ad evadere dal carcere e, inseguito senza sosta dall’ispettore Ginko, decide di aiutare l’ormai sua complice e compagna a vendicarsi di un suo corrotto corteggiatore e liberarsi definitivamente dal suo passato con un nuovo ed incredibile colpo.

C’è chi segue una religione
C’è chi insegue il primo milione
C’è chi insegue il suo grande amore
E c’è chi insegue la propria fine

La verità
La verità si può cambiare
La verità
La verità si può travestire.

ANALISI Fin da subito appaiono chiari i punti di forza su cui puntano i registi: un’atmosfera corrotta dove perfino quando splende il sole l’oscurità domina; l’azione lenta con qualche necessaria concessione ad inseguimenti ed esibizioni in perfetto stile ’80 -’90; la suspense e le emozioni che vibrano in un riuscito gioco fatto di primi piani, musiche e flashback dopo l’ultimo colpo di scena o per rivelare il piano per il prossimo colpo. I dialoghi sono quasi superflui rispetto agli sguardi ma offrono allo spettatore, grazie ad interpretazioni impeccabili, il completo ritratto dei caratteri dei personaggi sui quali spiccano un animo dannato dal crimine come sua ragione di vita che scopre infine di non essere solo, un’anima tormentata in cerca di forti emozioni per superare un passato segnato da una realtà corrotta, un campione di calma determinazione contro il crimine che si merita il rispetto del suo nemico. Lo spietato cinismo del protagonista – un sempre bravissimo Marinelli – il contesto oscuro in cui la legalità non va oltre il calmo ma determinato ispettore – un impeccabile Mastandrea – lo stile fumettistico con tanto di frasi in modalità vignetta introdotto dalla futura complice e compagna del protagonista – meravigliosa e convincente Miriam Leone – rende l’omaggio dei Manetti Bros degno dell’opera delle sorelle Giussani. Solo i cultori puristi potranno giustamente storcere il naso pensando che si poteva fare di meglio.

RE DEL TERRORE  Sotto l’etichetta di fumetto nero italiano si annovera un particolare genere di fumetto comparso negli anni ’60 dell’ormai passato XX secolo che propose un ribaltamento della morale corrente in controtendenza rispetto al moralismo degli altri fumetti dell’epoca. Capostipiti e simboli di questo tipo di storie sono da considerarsi Diabolik, spietato criminale, ladro e assassino in calzamaglia nera creazione delle sorelle Giussani del 1962, Kriminal in calzamaglia gialla con scheletro stilizzato e teschio come maschera e Satanik, scienziata sfigurata in abito rosso e nero che ritrova la bellezza con un filtro chimico entrambi creazioni di Max Bunker rispettivamente nell’estate e nell’inverno del 1964, spietati quanto Diabolik ma rispetto a quest’ultimo dotati di caratterizzazione più definita e di una più accentuata componente erotica nelle storie.

Il successo di questi personaggi portò a creare un vero e proprio genere che finì per influenzare e affascinare anche il cinema con produzioni per il grande schermo seguite da altrettante imitazioni (es. Demoniak Fantax – Zakimort) e parodie. Allo stesso tempo il successo di questo fenomeno attirò il potere giudiziario che temeva la carica eversiva di questo genere di pubblicazioni e finì per istruire veri e propri processi seguiti da sequestri che costrinsero gli stessi autori ad ammorbidire i toni e le trame perdendo di fatto la loro carica innovativa. Fatta eccezione per Kriminal e Satanik, che ebbero una lunga vita editoriale, e per Diabolik, l’unico tutt’ora pubblicato, ben presto la moda cambiò e gli epigoni finirono per scomparire dalle pubblicazioni finché, in tempi recenti, alcune serie assunsero connotazioni erotiche fino a creare un vero e proprio genere erotico o pornografico con personaggi del tutti nuovi. Il successo di pubblico che tutt’ora sopravvive fra lettori e cultori ha reso questo genere di fumetto un fenomeno culturale che ha destato l’interesse di intellettuali in campo pedagogico e sociologico (es. Umberto Eco, Apocalittici e integrati 1963) e soprattutto l’avvento del fumetto nero stabilisce uno spartiacque che, ribaltando il concetto “il bene vince sempre” facendo vincere i cattivi, fa uscire le produzioni in vignetta dal contesto riservato ai bambini e si allarga a quello degli adolescenti e degli adulti fornendo storie capaci di affascinare lettori più consapevoli affrontando nuove tematiche e introducendo valori improntati al bene e alla giustizia con intenti pedagogici.

Caratteristiche comuni dei personaggi del fumetto nero italiano sono essenzialmente la radice del nome che è legata ad un aggettivo con accezione negativa (es. “diabolico” – “criminale” – “satanico”) reso più esotico dall’uso di lettere tipicamente straniere (es. K – X – J ) ed una personalità che rispecchia i connotati di veri “signori del crimine”, ovvero sono tutti delinquenti spregiudicati, inafferrabili, spietati. I protagonisti sono in genere criminali che celano la loro identità dietro un caratteristico costume (es. una calzamaglia nera scoperta sugli occhi – una tuta aderente gialla con scheletro stilizzato e teschio come maschera – un abito rosso e nero). Il formato standard dei fumetti di piccole dimensioni tascabili (11,5×16,9 cm) divenne quello ideato per Diabolik dalle sorelle Giussani per rispondere alle esigenze dei lettori pendolari. Altro elemento tipico è la presenza di personaggi comprimari e antagonisti, infatti ogni antieroe è spesso affiancato da un partner di sesso opposto in genere attraente (es. Eva Kant) e ad essi si oppone puntualmente e duramente un integerrimo poliziotto (es. l’ispettore Ginko – il commissario Patrick Milton – il tenente Trent) a rappresentare la legge e furbo quasi quanto il criminale da lui preso di mira. Anche l’ambientazione gioca un ruolo tipico in queste storie, ovvero simboleggia la facciata ipocrita degli individui senza scrupoli (ricchi perversi, nobili cinici e profittatori, donne assetate di sesso e gioielli) le cui debolezze li rendono facili prede dei pericolosi protagonisti, abili e spietati nel giocare facendo leva sui vizi per arrivare al loro scopo. Ma ognuno degli spietati protagonisti non è mosso dal semplice desiderio di profitto. Diabolik ruba e uccide per imporre la propria legge, per sfidare la società. Kriminal e Satanik hanno sopportato, prima di diventare criminali, ingiustizie e soprusi e vogliono vendicarsi della società non meno crudele di loro stessi.

Il capostipite riconosciuto tale del fumetto nero italiano fu creato su ispirazione del francese Fantômas dalle sorelle milanesi Angela (1922-1987) e Luciana Giussani (1928-2001) ed il primo numero esce nel novembre del 1962 per la casa editrice Astorina. La copertina del primo numero della serie rappresentava una donna in primo piano che urlava di terrore e riportava termini come “brivido”, “diabolico” e “terrore” oltre alla dicitura «per adulti». Diabolik non fu mai inserito in un contesto preciso e riconoscibile ma in un ambiente immaginario con scenari indefinibili e molte domande sulle origini stesse del personaggio restano senza risposta (solo nel 1968, 107 numeri dopo l’esordio, verranno svelate nell’albo “Diabolik chi sei?”). Questo suo essere rinchiuso in un microcosmo distante dalle contingenze della realtà rende il protagonista immune a quel logoramento per troppa “umanizzazione” che sarà invece la condanna all’oblio per i suoi epigoni oggi scomparsi. Sono da considerarsi eredità, calate in storie originali, dei romanzi di appendice e soprattutto dei romanzi di Fantômas intere sequenze nelle vignette delle prime storie, l’utilizzo della tecnica del flashback, punti di attrazione verso i lettori quali l’utilizzo di titoli espliciti (es. “L’impiccato senza volto” – “La campana di sangue” – “La bara vuota”) oltre alla genialità e al cinismo del protagonista nel compiere crimini, nell’uccidere e nel riuscire sempre a sfuggire alla giustizia.

Grande merito di questa serie a fumetti è quello di aver permesso di svecchiare e scardinare un sistema nel giro di pochi anni. In poco tempo il personaggio raggiunse un successo tale da diventare un vero fenomeno di costume oggetto di studio di sociologi ed esperti di comunicazione e, fin dal suo esordio (1962), viene edito senza interruzioni fino ai giorni nostri (nel 2022 ha superato i 900 numeri pubblicati) fino ad aver venduto quasi 150 milioni di copie in tutto il mondo (tradotto in vari paesi europei, in Usa e in Africa) divenendo anche testimonial per campagne sociali e in spot pubblicitari commerciali, consacrandosi oggetto di culto nel mercato del collezionismo e dando vita a imitazioni e parodie, sia a fumetti (Cattivik di Bonvi 1965 – Paperinik della Walt Disney Company Italia 1969) sia in celluloide (Arriva Dorellik , regia Steno 1967 – Sadik , episodio 2 del film Thrilling , registi vari 1965).

Più che una parodia, un divertente ed involontario omaggio ante-litteram al fumetto può ritenersi il classico Totò diabolicus, diretto da Steno ed interpretato dall’ineguagliabile principe Antonio de Curtis / Totò. Il film è uscito a febbraio mentre il fumetto a novembre del 1962 ed è più probabile che il film abbia tratto ispirazione da un fatto di cronaca avvenuto a Torino nel 1958: l’assassino misterioso lasciò sul luogo del delitto una lettera firmandosi Diabolich, probabilmente riferendosi al romanzo Uccidevano di notte del giallista Bill Skyline (alias Italo Fasan) dove il protagonista si faceva chiamare Diabolic. Il fatto di cronaca forse deve aver ispirato le sorelle Giussani che decisero di battezzare il loro personaggio più celebre  Diabolik.

John Phillip Law e Marisa Mell, dal film Diabolik (1967) di Mario Bava

 

SUL GRANDE SCHERMO  La prima trasposizione in celluloide per il grande schermo esce nel 1967: Diabolik (Danger: Diabolik) con Dino de Laurentiis produttore, Mario Bava alla regia e fra gli interpreti principali i seducenti e ambigui John Phillip Law (Diabolik) e Marisa Mell (Eva Kant) assieme al calmo e determinato Michel Piccoli (ispettore Ginko). Maestro e padre – assieme a Lucio Fulci (Non si sevizia un paperino, recensione qui) e Dario Argento (Profondo rosso recensione qui) –  dell’horror italiano, capace con pochi mezzi di creare autentici cult immortali (La maschera del demonio, 1960) il regista di Sanremo ha per la prima volta a disposizione un budget consistente e dà libero sfogo al suo gusto ironico e kitsch. Il risultato è un colorato mix di azione e noir che vanta il maestro Ennio Morricone come autore delle musiche, non risparmia imprese spettacolari fra inseguimenti e colpi ai limiti dell’impossibile e presenta un ritmo scanzonato nel prendere in giro con cinismo e ironia autorità politiche e forze dell’ordine. Prodotto con un budget di 200 milioni di vecchie lire, il film ha ottenuto un modesto successo al botteghino (un totale di circa 265 milioni) e ha diviso la critica fra stroncature e tiepide lodi. Se con il tempo appare troppo frivolo e rétro, il lavoro del maestro Bava garantisce ancora oggi divertimento e tutt’ora viene considerato uno dei migliori film pop simbolo degli anni ’60: mescolando pop art, optical art, psichedelia e futurismo ha influenzato anche registi odierni come Roman Coppola (CQ, 2001).

Abbiamo già avuto modo di segnalare i fratelli romani Marco e Antonio Manetti, meglio noti come Manetti Bros, registi, sceneggiatori, produttori cinematografici e direttori della fotografia come artisti degni eredi della contaminazione del cinema di genere italiano – autentico ed inimitabile marchio di fabbrica del cinema nostrano nel ventennio ’70-‘90 dell’ormai passato XX secolo – e capaci come pochi di creare irresistibili mix di dramma, azione, divertimento ed emozione in particolare con le commedie musicali (Ammore e malavita, recensione qui).

L’idea di riportare sul grande schermo, a distanza di oltre mezzo secolo, il Re del Terrore viene ai due fratelli, già grandi fan del fumetto, e trova l’approvazione di Mario Gomboli, direttore della casa editrice Astorina, rimasto colpito positivamente – sue parole testuali – dalla passione e dalla profonda conoscenza del personaggio e delle sue peculiarità da parte dei Manetti oltre che dal successo dei loro precedenti lavori (L’ispettore Coliandro – Ammore e malavita). Alla sceneggiatura, oltre che gli stessi Manetti, collabora anche Mario Gomboli, storico curatore del fumetto che dà l’approvazione anche al cast interamente italiano – a sottolineare la natura stessa del fumetto originale – così come italiani (da Courmayeur a Bologna fino a Milano, Trieste e provincia di Ravenna) sono gli ambienti in cui si gira la pellicola. Per la cura delle musiche vengono scelti Pivio e Aldo De Scalzi, storici collaboratori dei Manetti Bros, mentre Manuel Agnelli interpreta due canzoni fra cui quella principale che apre e chiude la storia: La profondità degli abissi.

I registi traggono ispirazione dal n. 3 della serie a fumetti (L’arresto di Diabolik) pubblicato il 1° marzo 1963 che segna la prima apparizione del personaggio di Eva Kant e allo stesso tempo ripartono dalla lezione offerta da Mario Bava nel 1967. La calma determinazione di Michel Piccoli rivive in un Valerio Mastandrea che aggiunge un tocco di malinconia e disincanto rendendo il nuovo ispettore Ginko in celluloide ancora più vicino al contesto del fumetto originale. Ma è nell’incontro fra i due futuri amanti e complici nel crimine che si concentra l’attenzione dei Manetti: una tormentata e melodrammatica storia d’amore dove sguardi e gesti soverchiano poche ed essenziali battute fra due animi dannati votati alla vendetta contro una società corrotta ed in cerca di emozioni sincere e forti.

La fedeltà e l’omaggio al fumetto delle Giussani si possono cogliere nei dettagli che scorrono durante la proiezione. Ogni interprete, dai principali ai secondari, offre una particolare caratterizzazione al personaggio alimentando intrigo e divertimento. La ricostruzione fedelmente imprecisata e immaginaria delle location e le musiche amplificano le emozioni contrastanti in un crescendo di attesa verso il prossimo colpo di scena.

Si annoverano come immancabili punti di forza alcuni dettagli che rivelano la contaminazione di generi: riferimenti al cinema classico (l’attesa della protagonista al bar prima di leggere il giornale scandito dal dettaglio dell’orologio), fino al maestro Hitchcock (la scena del bicchiere e il volto di Miriam Leone rediviva Donna che visse due volte – il raffinato mix giallo-commedia in stile Caccia al ladro), per poi tornare al nostrano poliziottesco ’70-’90 (l’inseguimento della Jaguar che apre il film) ed infine citare il thriller di un bravissimo John Travolta diretto da John Woo (l’ambiguità degli scambi di ruolo ottenuta con un continuo gioco di maschere e imitazioni vocali richiama Face/Off – Due facce dell’assassino 1997).

Se i puristi fra i cultori del Re del terrore avranno di che storcere il naso pensando che si poteva fare di più, le menti più acute che hanno trovato divertimento ed emozione grazie ai Manetti Bros anche questa volta potranno deliziarsi con un prodotto che vale la pena di vedere se si vuole evitare la depressione che infetta la normalità di una realtà in degrado totale.

EMOZIONANTE ED INTRIGANTE.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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