“Fahrenheit 451”: quando l’ignoranza brucia la cultura e la libertà

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari18 Maggio 20196 min

Degli insegnamenti che può offrire la letteratura ed il cinema di genere distopico già abbiamo visto in un’altra occasione, con “Rollerball“. Ma se in questo film l’argomento, magnificamente trattato, era lo sport come strumento di potere ed arma di riscatto, oggi si parlerà di un argomento che, mai come negli ultimi tempi, è attuale: la minaccia di una progressiva estinzione della cultura e della libertà di vivere.

Fahrenheit 451 è un film del 1966 diretto da François Truffaut che ha per interpreti principali Oskar Werner (Guy Montag), Julie Christie (Linda / Clarisse), Cyril Cusack (Il Capitano) e Anton Driffing (Fabian). La pellicola è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo fantascientifico-distopico scritto da Ray Bradbury nel 1953 e tradotto in italiano nel 1956 (QUI la nostra recensione).

LA TRAMA In un improbabile futuro la legge vieta la lettura dei libri, che per questo vengono perseguiti e bruciati. Guy Montag fa parte di una squadra di ‘pompieri’ addetta all’incenerimento dei libri fuorilegge, ma la sua vita giunge ad un bivio quando incontra una professoressa ribelle che legge e colleziona libri. Improvvisamente Montag si trova ad essere un fuggitivo, costretto a scegliere non solo tra due donne, ma fra la propria vita e la libertà intellettuale.

TUTTO AL ROVESCIO L’azione scorre rapida secondo un copione ‘rovesciato’ tipico del genere distopico. Il corpo di vigili del fuoco ha la mansione ad appiccare incendi invece di estinguerli e l’umanità vive immersa in un’apatica esistenza di tranquillità e benessere grazie alla televisione. Il protagonista è egli stesso uno strumento del Sistema dominante che ha il compito di distruggere tutto quello che si teme possa minare il benessere raggiunto. Tuttavia, già prima dell’incontro fatidico con una ragazza ‘diversa’, curiosamente somigliante alla moglie-automa (è la stessa attrice che interpreta un doppio ruolo), incomincia a mostrare i segni di un’incertezza latente che alla fine lo condurrà alla riscoperta di quella coscienza che solo la lettura può risvegliare. Da questo momento Montag scopre il mondo che si cela dietro le pagine scritte e ne rimane affascinato. Il suo rinato desiderio di libertà innescato dalla lettura culmina quando, tradito e denunciato dalla moglie-automa, uccide il suo Capitano e decide di unirsi ad una comunità di ‘uomini-libro’ emarginati e considerati innocui dal Sistema.

 

Il libro da cui è tratto il film (ed. Mondadori 2016).

IL LIBRO Ray Bradbury (1920-2012) fin dalla fanciullezza dimostrò il suo amore per i libri. Fattori come la scarsa presenza nelle biblioteche del suo quartiere di romanzi popolari fantascientifici, come quelli scritti da H. G. Wells (La guerra dei mondi, L’uomo invisibile, La macchina del tempo i più celebri), l’aver appreso di eventi tragici come i roghi di libri (Berlino, 10 maggio 1933) e la distruzione di biblioteche nel passato (Alessandria d’Egitto, VII secolo d.C) mostrarono all’adolescente futuro scrittore la vulnerabilità alla censura e alla distruzione a cui sono soggetti i libri. Non ancora adulto, fu anche testimone della fase di transizione fra l’età d’oro della radio e quella della televisione come maggiori mezzi di comunicazione di massa. La paura che questi nuovi mezzi di comunicazione potessero finire coll’intrattenere troppo e di conseguenza distogliere l’attenzione da questioni più importanti fornì all’autore la definitiva ispirazione per terminare il suo capolavoro distopico.

IL PERICOLO TV Il regista Truffaut non manca di puntare il dito, attraverso la figura della moglie-automa di Montag, sulla potenziale minaccia di un abuso della televisione come strumento di educazione a scapito dei libri. Contemporaneamente nelle parole del Capitano viene tracciata con inquietante perfezione la bieca superficialità di una società sempre più votata al benessere di una tranquillità vuota:

« A tutti noi, almeno una volta nella carriera, viene la smania di sapere cosa c’è in questi libri, ci viene come una smania… Dai retta a me Montag, i libri non hanno niente da dire. Guarda, queste sono opere di fantasia, e parlano di gente che non è mai esistita. I pazzi che li leggono diventano insoddisfatti, cominciano a desiderare di vivere in modi diversi, il che non è mai possibile! […] Tutta questa filosofia, è anche peggio dei romanzi… pensatori, filosofi, dicono tutti esattamente le stesse cose… -Soltanto io ho ragione, gli altri sono tutti imbecilli!- In un secolo ti dicono che il destino dell’uomo è prestabilito, il secolo dopo ti dicono che ha libertà di scelta. È soltanto questione di moda la filosofia, è come le gonne corte quest’anno, le gonne lunghe l’anno prossimo. […] “L’etica di Aristotele”: naturalmente chi lo legge deve credere di essere superiore a chi lo ha letto, e questo non è bene Montag, noi dobbiamo essere tutti uguali. L’unico modo per essere felici è di sentirci tutti uguali. Quindi, noi dobbiamo bruciarli Montag, fino all’ultimo

 

Scena-simbolo del film che spinge il protagonista Montag
ad evadere definitivamente dalla sua apatica e passiva esistenza.

 

LA VISIONE DEL REGISTA Con questa impressionante, e quasi totalmente fedele, trasposizione di un Classico del distopico (il finale del film è leggermente meno tragico rispetto al libro), François Truffaut si cimenta per la prima volta col colore, rendendo più suggestivo l’impatto dello spettatore con la drammaticità del tema affrontato, in particolare nella scena-simbolo della vecchia che brucia assieme ai suoi amati libri. Una società in cui domina un sempre più smisurato abuso dei mezzi televisivi è un soggetto che agli amanti del cinema anni ’90 non può non ricordare un altro Capolavoro in celluloide, reso indimenticabile da un bravissimo Jim Carrey nel ruolo di vittima inconsapevole: The Truman Show, 1998.

I GIORNI D’OGGI Gli spettatori contemporanei certamente potranno pensare all’ennesima critica ai reality show che hanno iniziato a diffondersi maggiormente in Italia attraverso una trasmissione, il Grande Fratello, che guarda caso ha per titolo il nome dell’antagonista di un romanzo scritto da quello che forse si può considerare il ‘papà’ del genere distopico, George Orwell: 1984. Venerdì 10 maggio ricorreva un triste anniversario per chi ancora crede nel valore delle pagine cartacee. In quella data, nella notte del 1933, i nazisti bruciarono in un colossale rogo nella Bebelplatz di Berlino un consistente numero di libri (circa 25000 testi) considerati non corrispondenti all’ideologia del regime e del popolo TEDESCO. Come ribadito nell’articolo uscito su questo triste evento, non si vuole muovere un’accusa al progresso che non può né deve essere fermato perché sarebbe come voler riportare indietro l’evoluzione della specie. Un motivo valido per continuare a preferire il profumo delle pagine cartacee da sfogliare, finché continueranno ad esistere, è solo per evitare un spaventoso incremento dell’illusione di un benessere che fra tante comodità progressivamente provoca una involuzione della mente e soprattutto del cuore dell’uomo quando non riceve più un’adeguata istruzione grazie alla vera lettura che davvero può rendere liberi.

Raramente una trasposizione cinematografica è degna dell’originale cartaceo, in questo caso per entrambe le versioni si può parlare di Classico dei Classici sempre da riscoprire.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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