La Corte di Cassazione, con sentenza n.28320/2019, ha stabilito il principio secondo cui il porto d’armi per uso sportivo non può essere impiegato per scopi differenti, poiché l’autorizzazione a detenere armi costituisce una deroga al divieto generale in materia. Nello specifico, la Corte d’Appello di Palermo confermava la decisione di primo grado, affermando la responsabilità dell’imputato in relazione ai reati in materia, riformulando la pena in senso migliorativo.
L’uomo ricorreva in Cassazione, reclamando i vizi motivazionali e la violazione di legge, menzionando l’orientamento giurisprudenziale alla luce del quale l’autorizzazione al porto di fucile per l’esercizio della caccia, legittima il porto dell’arma anche se funzionale a finalità diverse, finanche illecite. Tuttavia, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le pretese dell’imputato, ritenendo che “l’autorizzazione al porto di un’arma per un uso sportivo non rende legittimo il porto della stessa ove effettuato per finalità diverse da quella consentita dal provvedimento amministrativo“. Tale decisione, secondo gli Ermellini, “si fonda sulla premessa che il nostro ordinamento non riconosce come diritto soggettivo pubblico la possibilità per il cittadino di portare un’arma da fuoco fuori dalla propria abitazione. Al contrario, il porto delle armi – in, mancanza di uno specifico provvedimento della Autorità della Pubblica Sicurezza che lo permetta- è vietato e rappresenta condotta illecita.
La disciplina nazionale in materia di porto e trasporto di armi comuni da sparo, infatti, autorizza il rilascio della licenza di porto d’arma da fuoco per motivi attinenti la difesa personale, per il tiro a volo (uso sportivo) e per le altre attività previste dalla legge n. 157 del 1992. La regola generale è il divieto di detenzione delle armi; pertanto, l’autorizzazione a detenere armi non costituisce una mera autorizzazione di polizia, ma ha contenuto di permesso
concessorio in deroga al divieto di portare armi sancito dall’art. 699 codice penale.
Pertanto, l’autorizzazione di polizia sopprime, in via del tutto eccezionale, tale divieto in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali. Alla luce di tutto quanto esposto, le motivazioni addotte dall’imputato, secondo cui “sarebbero penalmente irrilevanti le finalità per le quali il titolare della licenza porta l’arma fuori dalla propria abitazione“, non sono condivisibili, in quanto non si tratta di dare preminenza alle cause interiori dell’autore della condotta, bensì di ponderare se quest’ultima sia o meno consentita dal provvedimento concessorio che l’autorizza. Il porto d’armi deve ritenersi, vietato. Da qui il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali. Non sono mai troppe le precisazioni in materia di utilizzo e di possesso di armi da fuoco. Il permesso a detenere un’arma da utilizzare, magari per uso sportivo, non ne legittima l’utilizzo ad esempio per difesa personale.