“Il diritto di opporsi” ci insegna che ognuno di noi può fare la differenza

Vittorio Paolino Pasciari Vittorio Paolino Pasciari29 Febbraio 20205 min

Mai come oggi bisogna combattere quella patetica piaga che caratterizza noi cosiddetti ‘civili’: il razzismo contro i neri, per non dire contro gli stranieri. Il diritto di opporsi (Just Mercy) è un film di genere biopic diretto da Destin Daniel Cretton. La pellicola ha per interpreti principali Michael B. Jordan (Bryan Stevenson), Jamie Foxx (Walter McMillian), Brie Larson (Eva Ansley), Tim Blake Nelson (Ralph Myers), Rafe Spall (Tommy Chapman), O’Shea Jackson Jr (Anthony Ray Hinton) e Rob Morgan (Herbert Richardson) e, traendo ispirazione dall’omonimo romanzo scritto dall’avvocato Bryan Stevenson, racconta in forma romanzata la storia reale di Walter McMillian, ingiustamente condannato per omicidio che, difeso dallo Stevenson, venne scagionato da ogni accusa nel 1988.

TRAMA USA, Alabama, 1988. Dopo essersi laureato ad Harvard, il giovane avvocato Bryan Stevenson avrebbe potuto scegliere fin da subito di svolgere dei lavori redditizi. Al contrario, si dirige in Alabama e, con l’aiuto dell’avvocatessa locale Eva Ansley, si impegna a difendere persone condannate ingiustamente e detenute nel “braccio della morte” della prigione di Stato. Uno dei suoi primi casi, il più celebre nonché il più controverso, è quello di Walter McMillian, condannato a morte nel 1987 per l’omicidio di una ragazza bianca di 18 anni. Nonostante l’accusa non fosse fondata su nessuna prova certa a smentire l’innocenza del suo cliente, ovvero sulla sola testimonianza di un criminale con un valido movente per mentire, il giovane avvocato si ritroverà in un labirinto di manovre legali e politiche, di omertà e razzismo sfacciato e palese, mentre lotta con determinazione per Walter ed altri come lui contro le probabilità ed il Sistema a sfavore.

ANALISI DEL FILM Mentre l’azione scorre lenta, allo spettatore viene presentata subito la crudele realtà del contesto in cui operano i personaggi. Un clima di omertà e di pregiudizio razzisti serpeggiano fra le autorità che indegnamente rappresentano la legge e la giustizia. Un onesto lavoratore, colpevole semmai di una certa superficialità come marito, viene additato come ennesima vittima da sacrificare alla folle superficialità di chi si lascia fuorviare dalla superbia dell’ignoranza che genera paura ed impedisce di scoprire la verità. Al giovane e promettente avvocato non manca la paura di avere un intero sistema contro quando decide di difendere chi è stato ingiustamente condannato. La disperazione iniziale e la fiducia conquistata del suo assistito sono la molla che alimentano il coraggio e la determinazione fino all’emozionante e commovente ultimo atto del processo.

DALLE PAGINE AL CELLULOIDE  Quello del razzismo contro i cittadini neri è una triste pagina della Storia degli USA, per non dire della civiltà del passato e del presente. È sempre facile giudicare e condannare in nome di un patetico ed del tutto infondato senso di onnipotenza un membro della stessa specie.

Walter McMillian e Bryan Stevenson

Il regista del film ha co-scritto la sceneggiatura ispirandosi all’omonimo bestseller di Stevenson (pubblicato in Italia da Fazi Editore). Il protagonista Jordan ha avuto occasione di conoscere di persona l’avvocato durante un viaggio in Alabama, trascorrendo con lui del tempo al Legacy Museum, luogo che educa il pubblico sulla storia della schiavitù:

Credo che Bryan sia un eroe dei nostri tempi: negli ultimi 35 anni ha salvato 125 prigionieri e portato avanti la lotta contro ingiustizie, corruzione e razzismo. Mi sono reso conto dell’importanza del suo lavoro per cambiare i cuori e le menti delle persone.

DA MOLTI UNO SOLO Un celebre motto latino che si può leggere sul verso di una moneta da 1/4 di dollaro, ma soprattutto sullo stemma nazionale degli USA, recita E pluribus unum. Tratto da un poema erroneamente attribuito a Virgilio, il Moretum, che aveva per oggetto una ricetta a base di formaggio, l’espressione indicava il miscelarsi dei colori in uno solo. Ben nota agli autori nordamericani del XVIII secolo, la locuzione venne poi modificata e adottata come motto nazionale e fa riferimento all’integrazione delle originarie 13 colonie in un’unica nazione unita, inserita nel 1776 nello stemma nazionale all’inizio della Guerra di Indipendenza.

Gli USA sono de facto una nazione nata da tante e nel corso della storia molti altri popoli hanno contribuito alla sua crescita. La logica del motto, per non dire la natura stessa del suo popolo, impone che chiunque decida di farne parte, al di là di futili differenze fisiche e nel rispetto della propria cultura di base se non mina lo Stato, goda degli stessi diritti offerti da chi davvero è degno di amministrare la giustizia in terra. Il popolo nero, che ha sofferto la schiavitù nella deportazione in USA, merita come non mai di avere libertà e giustizia nell’integrazione. Gli stessi ideali di giustizia e libertà tanto decantanti ma solo parzialmente perseguiti da chi dovrebbe esserne strenuo difensore finiscono per trasformarsi in parole vuote quando a dominare sono l’ignoranza e la paura.

Forse sempre di meno saranno coloro che sceglieranno di muoversi con coraggio contro un sistema che scricchiola, ma la speranza è una fiamma alimentata dai pochi e per chi ci crede può davvero rendere liberi. Una ricostruzione realisticamente perfetta nel suo dramma ed interpretazioni impeccabili rendono il film un commovente omaggio alla giustizia che fa vergognare chi non riesce a vedere oltre il colore della pelle.

FILM DA VEDERE.

Vittorio Paolino Pasciari

Vittorio Paolino Pasciari

Classe '86, nolano DOC. Laureato in Lettere Classiche, appassionato di cinema, letteratura e teatro.

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