Un ricordo di Alda Merini a 5 anni dalla sua morte

Redazione Zerottouno News Redazione Zerottouno News3 Novembre 20141 min

Solo i pazzi e i bambini dicono la verità”, ripeteva spesso.

Così come non si vergognava di raccontare i particolari più terribili della sua vita.

Come l’aver passato 30 anni in manicomio.

In tempi in cui i manicomi erano luoghi di abbrutimento, di umiliazione della persona, annullata dagli psicofarmaci, usati più per sedare che per curare.

Ma nel buio di questa esperienza, Alda Merini, trovò l’illuminazione della parola, fragile e solida come un diamante.

Quasi assente per quanto fosse leggera e soave, come nata da un sogno.

Ma allo stesso tempo aveva un carico di profondità, che con naturale sensualità,  si insinuava nelle pieghe più intime di ogni cuore che la riceveva.

La sua vicenda di donna è intimamente legata a quella di poetessa.

Scoperta da Montale in giovane età, la sua vita si avventurò per le strade tortuose della ribellione a ogni forma di prigionia mentale.

Sicuramente per questo, trascorse gran parte della sua vita rinchiusa in un manicomio. Dove il suo desiderio di libertà non diventasse un pericolo per la morale comune del tempo

Il grande pubblico la conobbe tardi.

Fu Maurizio Costanzo a riscoprire la sua poesia, invitandola spesso nel salotto del “Costanzo show”

Sempre grazie a Costanzo, ottenne il vitalizio Bacchelli

E poi negli ultimi anni, accumulò premi, riconoscimenti dalla critica e dal pubblico

Le sue poesie sono il più bel testamento potesse lasciarci.

Un prezioso valore per chi attraverso la poesia, cerca la cruda verità, raccontata con un linguaggio familiare, amico del cuore, delle donne sole, dei bambini abbandonati, dei vecchi dimenticati.

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