Il grido delle strutture sportive private: “Può essere anche per noi una catastrofe”

Redazione Zerottouno News Redazione Zerottouno News4 Maggio 20202 min

Tra i tanti penalizzati dalla crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus ci sono anche i piccoli imprenditori del settore sportivo. Tante le strutture private che, allineandosi alle normative nazionali, hanno chiuso campi e tensostrutture. Sono tanti imprenditori, tante famiglie, tutte lontani dai riflettori dello sport nazionale ma che rischiano di cadere in una forte regressione economica. Abbiamo chiesto parere ai titolari della struttura Maracanà in località Boscofangone, al confine tra Nola e Cimitile.

“Cosa ha significato la quarantena per voi? Che situazione vi trovate ora ad affrontare?”

Per noi è cambiato tutto. Nel rispetto delle distanze interpersonali è impossibile per noi lavorare, la nostra attività è basata essenzialmente sull’aggregazione, lo sport è infatti per la maggior parte un’attività di contatto. Il nostro settore è stato particolarmente colpito. Siamo fermi da due mesi, per noi ad oggi non è previsto nessun rimborso nè alcuna agevolazione, le utenze però dobbiamo ugualmente pagarle, avremmo preferito che le avessero abolite almeno per questi mesi difficili.

“Ritenete che il Governo vi abbia tutelato e abbia in mente di farlo?”

Per niente. La nostra non è un’attività di prima necessità e saremo forse tra gli ultimi ad aprire, però è anche vero che offriamo servizi importanti da non sottovalutare. Oltre al semplice svago, le strutture del nostro settore collaborano con le scuole calcio per i bambini e, come ad esempio nel nostro caso, con strutture riabilitative per persone con disabilità. Insomma, sono strutture che aiutano anche ad affrontare le difficoltà della vita e non possiamo certo considerare di poter avere le stesse indicazioni di attività che possono usufruire di smart working o delivery.

“Come pensate di affrontare il vostro lavoro nei prossimi mesi?”

Chi fa questo lavoro sa che in quelle poche ore che si è su un campetto passano di testa tutti i problemi della vita. Tutti possono gioire e divertirsi, a prescindere dall’età e dal sesso, ed esultare ad un gol come fosse la cosa più bella accaduta nella propria vita. Sono emozioni che non si possono consegnare o vivere dietro ad un pc. Sicuramente apporteremo delle modifiche e ci reinventeremo, come abbiamo sempre fatto del resto, ma riapriremo solo quando sarà possibile abbracciarci senza paura di essere contagiati e quando potremo permettere nuovamente ad un bambino di festeggiare con il suo compagno dopo un gol. Riapriremo quando potremo essere davvero liberi, a prescindere da cosa potrà dire un decreto. Se non ci sono le condizioni non riapriamo.

 

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